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, Il riconoscimento dello status filiationis di un minore che risulta all’estero figlio di due donne (nota a Cass. Civ., Sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599)

autore: M. Labriola

La sentenza della Suprema Corte, n. 19599 del 2016, chiude un paragrafo, apertosi con alcune pronunce di merito significative, rilevante sotto il profilo del riconoscimento in Italia degli atti di nascita prodottisi all’estero. Ad una soluzione particolare era giunta la C. App. Torino1 . Nel caso di specie un bambino veniva riconosciuto in Spagna quale figlio di due donne. Una delle due donava gli ovuli per il concepimento mentre l’altra portava avanti la gravidanza e partoriva. Alla nascita, il minore assumeva la cittadinanza spagnola. L’Ufficiale di stato civile di Torino, a seguito di trasmissione del Consolato Generale d’Italia in Barcellona, respingeva la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita del minore, per contrarietà all’ordine pubblico interno. Le ricorrenti, sposate in Spagna (successivamente divorziate con accordo che prevedeva l’affidamento congiunto del minore ad entrambe, con condivisione della responsabilità genitoriale), ricorrevano, ex art. 96 d.P.R. 396/2000, avverso il diniego espresso dall’Ufficiale di stato civile, chiedendo l’accertamento del rapporto di filiazione tra il minore e la madre donatrice dell’ovulo – ai sensi dell’art. 33 l. 218/95 – con conseguente riconoscimento, nello Stato italiano, dell’atto di nascita del minore ed obbligo di trascrizione nel p.r. dell’Anagrafe di Torino. Con successivo decreto, il Trib. di Torino respingeva il ricorso rilevando come il procedimento avviato ex art. 96 d.P.R. 396/2000, strumentale al compimento di un’attività di tipo amministrativo, non fosse previsto per ottenere una pronuncia di accertamento del rapporto di filiazione tra le ricorrenti ed il minore, né per il riconoscimento della cittadinanza italiana di quest’ultimo dovendosi, a questo fine, necessariamente introdurre un ordinario giudizio di cognizione. Per il giudice di prime cure solo la madre spagnola, quella che aveva partorito, era la genitrice, quindi, l’unica via per attribuire cittadinanza italiana al minore era rappresentata dal criterio dello ius sanguinis, previo riconoscimento del rapporto di filiazione. La asserita contrarietà all’ordine pubblico – secondo il Trib. – derivava dall’assenza di una normativa nazionale che disciplini istituti analoghi a quello del matrimonio tra persone dello stesso sesso e che consenta la nascita di rapporti di filiazione tra persone omosessuali. Con reclamo le donne chiedevano, previa revoca del decreto impugnato, di accertare e dichiarare il rapporto di filiazione tra il minore e la madre (donatrice dei gameti), attesi i presupposti di cui all’art. 33 l. 218/95, col conseguente riconoscimento nello Stato Italiano dell’atto di nascita del minore ed il diritto quest’ultimo ad acquisire la nazionalità italiana. La C. App., preliminarmente sottolineando come la procedura prevista dal d.P.R. 396/2000, caratterizzata da un’attività di tipo amministrativo, non potesse essere finalizzata all’accertamento di diritti, aveva, comunque, statuito che la questione dovesse essere disciplinata dal diritto internazionale privato italiano – art. 33 l. 218/95 – con l’applicazione di norme esterne in assenza di contrarietà all’ordine pubblico (art. 16 l. 218/1995). “L’articolo 13 conferma il favore nei confronti della filiazione disponendo che, quando è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero, alla legge di un altro Stato (in presenza di alcune condizioni), ed in ogni caso, nei casi di cui agli articoli 33, 34 e 35, si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all’applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione”2 . Dall’atto di nascita risultava che il minore, nato da due donne con impianto di gameti donati da una all’altra, aveva acquisito in Spagna la cittadinanza italiana ius sanguinis, ai sensi dell’articolo 2 p. 1, l. 91/92. Pur tuttavia, alla procedura di trascrivibilità amministrativa dell’atto di nascita, ostava un più approfondito accertamento giurisdizionale circa il rispetto dell’ordine pubblico interno3 . Concetto, quest’ultimo che, come evidenziato più volte dalla S.C.4 , deve rendersi compatibile col corrispondente postulato internazionale “da intendersi come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico e fondati su esigenze di garanzia comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, sulla base di valori sia interni che esterni all’ordinamento purché accettati come patrimonio condiviso in una determinata comunità giuridica sovranazionale”. La C. App., quindi, accogliendo il ricorso, ordinava all’Uff. stato civile di Torino la trascrizione dell’atto di nascita del bambino. Contro il provvedimento della Corte torinese veniva proposto ricorso per cassazione5 da parte del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Torino e il Ministero dell’Interno. Il Procuratore denunciava violazione degli artt. 18 del d.P.R. 396/2000 e 65 l. 218/1995 in quanto la Corte avrebbe erroneamente escluso la contrarietà all’ordine pubblico dell’atto di nascita riconosciuta da due madri. Inoltre, evidenziava come lo stesso art. 269 cod. civ. riconosca, quale madre del nato, solo colei che ha partorito introducendo, implicitamente, il principio in base al quale la genitorialità debba essere necessariamente eterosessuale. Anche il Ministero dell’Interno denunciava un allargamento eccessivo del concetto di ordine pubblico interno oltre alla violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 9 l. 40/2004, che qualificano la filiazione quale discendenza di persone di sesso diverso e prevedono, in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo, che il donatore di gameti non acquisisca alcuna relazione giuridica parentale con il nato e che non possa far valere, nei suoi confronti, alcun diritto né essere titolare di obblighi. La Corte, premettendo che il bambino fosse di cittadinanza spagnola per nascita e che fosse, altresì, cittadino italiano in quanto, per la legge Spagnola, anche figlio di una cittadina italiana, trovava condivisibile la conclusione cui era pervenuta la Corte di merito. Infatti, assumeva la S.C., che l’atto di nascita straniero non è in astratto incompatibile con l’ordine pubblico e pertanto possa essere “riconoscibile in Italia come titolo valido per la costituzione del rapporto di filiazione nei confronti della madre genetica, rapporto che costituisce il presupposto dell’acquisto della cittadinanza italiana, per il combinato disposto degli artt. 1 c. 1, lett. a) e 2 c. 2, l. 91/1992. In altri termini, l’essere cittadino italiano di [T] dipende dall’accertamento dell’esistenza di un rapporto di filiazione che sia valido (anche) per il diritto italiano”. Vi sarebbe, inoltre, a detta Corte di legittimità un divieto per il giudice italiano di sovrapporre propri accertamenti a fonti di informazione nazionali o estranee. Nell’approfondire, attraverso un interessante percorso culturale, l’evoluzione della nozione di ordine pubblico gli Ermellini, giungevano alla conclusione che “nella giurisprudenza di legittimità più recente prevale il riferimento all’ordine pubblico internazionale, da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria”. Confermando le due pronunce di merito la C. Cass. sottolineava come il giudice chiamato ad esprimersi sulla conformità all’ordine pubblico interno, debba principalmente accertare se l’atto straniero contrasti o meno con l’esigenza di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo desumibili dalla nostra Costituzione. Anche sotto il profilo penale, la Cass.6 assolveva una coppia eterosessuale, che aveva proceduto alla pratica di fecondazione con maternità surrogata (con gameti tutti esterni alla coppia), escludendo la previsione sanzionatoria dell’art. 12 c. 6, l. 40/2004. Gli ermellini avevano richiamato la sentenza Cort. edu7 , con cui veniva ribadito come la legge debba definire chiaramente i reati e le pene che reprimono i crimini, nullum crimen, nulla poena sine lege. Orbene, si asseriva in parte motiva, non essere configurabile neanche l’applicazione del dispositivo dell’art. 567 c.p., atteso che, in questa fattispecie di reato, il presupposto è l’attività materiale di alterazione di stato. Ma, nel caso di specie, l’atto di nascita era stato già redatto in Ucraina, conformemente alla normativa che consente la maternità surrogata. Infine, aggiungevano i giudici penali che, “ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 396 del 2000, le dichiarazioni di nascita relative a cittadini italiani (è tale il minore, in quanto figlio di padre italiano: art. 1, c. 1, lett. a) della l. n. 91del 1992) nati all’estero sono rese all’autorità consolare (comma 1) e devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità locali competenti, se ciò è imposto dalla legge stessa. In questi casi, copia dell’atto è inviata senza indugio, a cura del dichiarante, all’autorità diplomatica e consolare (comma 2)”. Di conseguenza, il fatto che l’Uff. di stato civile si fosse limitato a procedere alla trascrizione dell’atto riguardante un cittadino italiano redatto all’estero, non dimostrava la falsità della produzione di detto documento, escludendosi, pertanto, la sussistenza di qualsiasi reato in capo ai genitori della p.m.a. Tale rigorosa ipostazione giurisprudenziale va declinata in ragione dell’interesse del minore in presenza di un dato di fatto già presente8 . L’impossibilità di trascrivere l’atto di nascita, limiterebbe, infatti, il diritto all’identità personale del bambino ed il suo status nello Stato italiano. Tale minore non avrebbe alcuna relazione parentale né con la madre non gestante – ma che in alcuni casi potrebbe essere donatrice dell’ovulo – né con i parenti della stessa. Inoltre, la mancata trascrizione del certificato di nascita, a seguito di una eventuale crisi di coppia, comporterebbe conseguenze rilevanti in ordine alla libera circolazione del minore accompagnato dalla sola “madre” italiana9 . In conclusione sarà sempre preferibile una famiglia che, anche se rappresentata da una coppia di persone dello stesso sesso, nel primario interesse del minore, non deve più meravigliare10.

NOTE

1 App., sez. Famiglia, Torino, decr., 29 ottobre 2014.

2 Cass. sentenze n. 367/2003 e n. 14545/2003.

3 Cass. Sent., 317/2009, “un incremento di tutela indotto dal dispiegarsi degli effetti della normativa CEDU certamente non viola gli articoli della Costituzione posti a garanzia degli stessi diritti, ne esplicita ed arricchisce il contenuto, alzando il livello di sviluppo complessivo dell’ordinamento nazionale nel settore dei diritti fondamentali”.

4 Cass. civ., sez. III, 19405/2013; Cass., sez. lav., sent. 26 aprile 2013, n. 10070; Cass., sent. 6 dicembre 2002, n. 17349 in Mass. Giur. it, 2002, Cass., 23.2.2006, n. 4040.

5 Cass. sent., 30.09.2016, n. 19599.

6 Cass. Pen., sez. V, 10 marzo 2016, n. 792.

7 Cort. edu, sez. IV, ric. n. 66655/13, sent. 14 aprile 2015, Contrada c. Italia.

8 Cort. edu, sez. V, ric. n. 65192/11, sent. 26.6.2014, Mennesson c. Francia; Cort. edu, ric. n. 65941, sez. V, sent. 26.6.2014, Labassee c. Francia.

9 L’UE ha pubblicato, nel 2013, uno studio comparativo sulla surrogazione di gravidanza negli stati membri, che dà un quadro piuttosto chiaro di cosa e dove sia consentita: “This study provides a preliminary overview of the wide range of policy concerns relating to surrogacyas a practice at national, European and global level. It undertakes an extensive examination of national legal approaches to surrogacy. It also analyses existing European Union law and the law of the European Convention of Human Rights to determine what obligations and possibilities surround national and transnational surrogacy. The study concludes that it is impossible to indicate a particular legal trend across the EU, however all Member States appear to agree on the need for a child to have clearly defined legal parents and civil status” in http://www.europarl.europa.eu/ (n.d.a.).

10 A. CaRDoRet, Genitori come gli altri. Omosessualità e genitorialità, Milano, Feltrinelli, 2002.