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Il fenomeno PAS nell’esegesi giurisprudenziale

autore: C. Fossati

Le pronunce di legittimità e di merito che pubblichiamo costituiscono la più recente ed accreditata posizione della giurisprudenza in tema di riconoscimento giuridico della sindrome da alienazione parentale che tanto ha fatto discutere negli scorsi anni, dividendo gli studiosi e le corti tra coloro che attribuivano al fenomeno psicoforense valore scientifico e chi viceversa lo contestava. Hanno fatto scalpore in particolare le due sentenze del 2013 della Cassazione, emesse a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, la prima la n. 5847 del 8 marzo 2013 che riconosce fondamento alla PAS, mentre la seconda, la n. 7041 del 20 marzo 2013, avente ad oggetto il noto caso di Cittadella, fortemente critica rispetto alla valenza scientifica dell’istituto. A seguito della cassazione e del rinvio da quest’ultima effettuato, la Corte d’Appello di Brescia si pronunciava tuttavia in modo non difforme dal precedente giudice di II grado, la Corte d’appello di Venezia, riconoscendo l’esistenza del fenomeno Pas, i suoi effetti, la necessità di porvi rimedio. Il decreto del Tribunale di Cosenza n. 778 del 23-29 luglio 2015, si segnala per l’accurato approfondimento istruttorio e la cura motivazionale; esso è stata peraltro confermato dal giudice di seconde cure, Corte d’Appello di Catanzaro, decreto 18 dicembre 2015. L’approdo più recente, quello della Cassazione con la pronuncia resa in data 8 aprile 2016, la n. 6919, si caratterizza per la concretezza dei principi affermati, il richiamo alla giurisprudenza CEDU (sentenza Lombardo / Italia n. 25704 del 9/01/13), l’esclusione di un giudizio sulla validità scientifica della pas, il forte richiamo al giudice dei conflitti familiari a verificare l’effettivo emergere di determinati comportamenti da parte di un genitore e la loro incidenza sul diritto del minore alla bigenitorialità, con obbligo di intervenire ogni qual volta sia minacciato il diritto al rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU. Il dibattito sulla riconducibilità del fenomeno chiamato dagli esperti con il nome di alienazione parentale tra le sindromi o manifestazioni cliniche scientificamente riconosciute, è destinato almeno in parte a sopirsi, in considerazione degli sviluppi giurisprudenziali, tesi, più che ad accreditare la sua riconoscibilità a livello di comunità scientifica, a constatarne l’effettiva emersione nei casi sottoposti al giudizio delle corti. Gli esperti parlano oggi più prudenzialmente di disagio o problema relazionale1 , volendo evitare accuratamente le secche di una rigorosa prova scientifica in relazione alla presenza degli indicatori elaborati da Gardner, l’americano al quale si deve la scoperta del fenomeno che va sotto l’acronimo di PAS. Certamente è esperienza presente nei casi giudiziari l’osservazione di problemi relazionali nelle coppie che si separano, e in alcuni casi di figli che rifiutano una figura genitoriale, rifugiandosi o colludendo con l’altro genitore, definito alienante.

Si assiste talvolta ad una vera e propria campagna di denigrazione dei figli nei confronti del genitore alienato che lascia esterrefatti per la singolare violenza verbale e finanche fisica. Nel noto caso di Cittadella, assurto alle cronache nazionali per l’eco mediatica delle immagini diffuse dai parenti del ramo materno ed utilizzate come ulteriore arma di contesa, le decisioni susseguitesi nei quattro gradi di giudizio hanno mostrato singolari prese di posizione involgenti adesione o meno alle teorie scientifiche richiamate. La Cassazione, con la pronuncia n. 7041 del 20 marzo 2013 (Presidente Luccioli, Relatore Campanile2) esprime una forte critica alla diagnosi di “sindrome di alienazione parentale” accolta dalla Corte di Appello di Venezia, perché teoria ritenuta priva di basi scientifiche. La Suprema Corte ritiene che la Corte veneziana abbia perseguito l’interesse del minore al di là dei principi di bigenitorialità e della necessità dell’ascolto del minore, argomentando che la PAS è una teoria non consolidata sul piano scientifico e molto controversa, poiché il DSM non la riconosce come sindrome o malattia. Si inserisce così nel dibattito sulla riconducibilità o meno della PAS all’interno del noto manuale sulla classificazione dei disturbi mentali - il DSM - difettando, affermano i giudici di legittimità, dei riscontri fondamentali che ne assicurano la validità a livello scientifico. Si è parlato di sentenza ideologica3, che utilizza il riferimento ad alcuni lavori di autori spagnoli negazionisti della PAS, misconoscendo viceversa le centinaia di studi che attribuiscono validità scientifica alla teoria di Gardner. La Corte motiva la propria decisione per la presenza di evenienze distoniche rispetto alla diagnosi di PAS e per l’assenza di tutti gli indici di alienazione come descritti nella teoria di Gardner (il Ctu ne aveva individuato 6 su 8). Nonostante il dictum del giudice di legittimità, la Corte d’Appello di Brescia (decreto 13 maggio 2013), chiamata alla revisione del giudizio, prende le distanze dall’organo superiore, e riconosce nel comportamento materno le disfunzioni che erano state individuate dapprima dal Tribunale per i Minorenni, quindi dalla Corte d’Appello di Venezia. Alla madre in particolare viene rimproverato un perseverante atteggiamento di negazione della figura paterna: ella non ha accompagnato psicologicamente il figlio alla ripresa dei rapporti con il padre, lo ha lasciato solo nella sue difficoltà, non ha ripreso il suo eloquio sconveniente, né gli agiti violenti, ha consapevolmente disatteso i programmi dei servizi sociali affidatari. Indipendentemente dalla loro qualificazione dal punto di vista medico e dalla riconducibilità del fenomeno alla PAS, tutti hanno concordato nel considerare che i comportamenti del bambino, se non ricomposti, porterebbero a gravi disturbi che gli impedirebbero di crescere e sviluppare tutte le sue capacità intellettuali ed espressive. La Corte bresciana conferma pertanto quanto aveva già statuito l’omologa corte veneziana: l’affido ai servizi sociali di Padova (era già stato revocato l’incarico ai servizi di Cittadella), il collocamento presso il padre, seppur con ampio accesso alla madre, ma responsabilità esercitata in via esclusiva dal padre. La schizofrenia giudiziaria faceva scrivere opportunamente: “Si ha la netta sensazione che a furia di motivare, spiegare, giustificare o colpevolizzare questa o quella opinione, di fatto si stia tralasciando il punto più importante di tutta la vicenda, cioè: il bene del bambino, diventato “oggetto” ed “arma” nelle mani (e nei telefonini!) di questo o quell’adulto, di cui sembra quasi che nessuno si interessi a fondo”4. Ulteriori, più recenti arresti affrontano il tema della rilevanza per l’ordinamento giuridico del fenomeno PAS. Il caso oggetto di giudizio dinnanzi al Tribunale di Cosenza (decreto 29 luglio 20155), rende efficacemente l’idea del percorso tortuoso, si direbbe ad ostacoli, al quale è stato costretto un padre contro il quale la madre scatena una furiosa campagna di denigrazione portata fino alla denuncia di molestie sessuali in danno dei figli. Spicca qui la particolare accuratezza dell’indagine svolta dal Tribunale cosentino, il quale non si limita ad incaricare i servizi sociali e a disporre una consulenza tecnica, bensì integra tali attività con l’osservazione diretta, da parte del giudice delegato, degli incontri madre-figli e con l’ascolto diretto di questi ultimi, ciò che consente al Tribunale di verificare direttamente le conclusioni alle quali perviene il perito. Il consulente riscontra un condizionamento programmato della madre nei confronti dei figli, diretto a logorare e screditare la figura paterna e tutto il suo mondo. Il Ctu perviene quindi ad una diagnosi di disturbo relazionale avente le caratteristiche dell’alienazione parentale come descritta nel DSM V. Il rimedio per il Tribunale, che rigetta la domanda di decadenza dalla responsabilità genitoriale formulata nei confronti della madre, è costituito da una pronuncia di affido esclusivo al padre, attraverso un passaggio graduale che vede per un primo periodo di sei mesi il collocamento dei figli presso una struttura di accoglienza specialistica. La Corte d’Appello di Catanzaro6, chiamata a pronunciarsi in sede di reclamo avanzato dalla madre che criticava il giudice di prime cure per non aver tenuto conto delle volontà espresse dai figli, ha confermato che il rifiuto di questi ultimi di incontrare il padre era il portato dei condizionamenti materni tesi a logorare la figura paterna.

Il dato più significativo, rileva la Corte, è il fatto che i bambini non riconoscono la figura paterna, benché la stessa debba costituire punto di riferimento allorché non vi siano carenze educative o morali. La condotta della madre che, seppur genitore non affidatario esclusivo, decide unilateralmente in ordine alla residenza dei figli, alla scuola cui iscriverli, e che ostacoli costantemente gli incontri padre-figli, tanto da determinare la loro innaturale avversione verso il genitore bersaglio è, al di là del riconoscimento o meno della PAS sotto il profilo medico-scientifico, indice di grave inadeguatezza genitoriale. Torna decisamente sui suoi passi la Cassazione, da ultimo con la pronuncia 8 aprile 2016 n. 69197, nella quale richiama la necessità di un’indagine accurata, oseremmo dire quale quella condotta dal Tribunale cosentino, al fine di scongiurare comportamenti anomali di un figlio che rifiuta una figura genitoriale. Il giudice del merito - nella fattispecie la Corte d’Appello di Milano, aveva disposto l’interruzione delle frequentazioni padre-figlia a causa dell’avversione manifestata da quest’ultima, senza tuttavia aver indagato le ragioni di tale avversione e senza essersi posta il problema delle conseguenze che tale comportamento può avere sullo sviluppo psicofisico della fanciulla. La Corte tratteggia in questa sede le caratteristiche dell’indagine affidata al giudice del conflitto familiare, da svolgersi nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole. Il giudizio prognostico al quale è chiamata l’autorità giudiziaria va formulato tenendo conto dei seguenti elementi: 1) come i genitori hanno svolto il loro compito prima della crisi familiare; 2) la capacità di relazione affettiva; 3) la personalità del genitore; 4) le consuetudini di vita e di ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire. Tra le espressioni utilizzate dalla giurisprudenza per individuare i requisiti di idoneità genitoriale si legge la capacità del genitore di consentire il più ampio accesso del figlio all’altra figura genitoriale, al fine di “preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento della trama familiare, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull’altro genitore”. La Corte prende così le distanze dal precedente del 2013 (la su ricordata sentenza n. 7041 del 20 marzo 2013) affermando che non le competono giudizi sulla validità o meno delle teorie scientifiche e nella specie, della controversa PAS, mentre rientra certamente negli obblighi del giudice verificare in concreto l’esistenza di comportamenti volti all’allontanamento fisico e morale del figlio da un genitore. L’influenza sempre più diretta della giurisprudenza europea è testimoniata dal forte richiamo alla pronuncia Cedu del 9 gennaio 20138 nella quale le autorità italiane sono state condannate per la violazione dell’art. 8, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto non si erano impegnate a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legame genitore-figlio, attraverso un concreto ed effettivo esercizio del diritto di visita. In questo quadro l’atteggiamento ostile del genitore della residenza prevalente che impedisca al minore la frequentazione con l’altro genitore, determina una grave violazione del diritto del minore al rispetto della vita familiare. Poco importa il giudizio sulla validità o invalidità scientifica della PAS, ciò che conta è che le autorità preposte, in primis quelle giudiziarie, non possono limitarsi ad osservare e prendere atto di determinati comportamenti, devono anzitutto verificare se questi sono veri con tutti i mezzi a loro disposizione e conseguentemente motivare in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti di idoneità genitoriale, tra i quali la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali; devono infine assumere tutti i provvedimenti idonei alla effettiva tutela delle relazioni familiari in capo al minore. La concretezza ed effettività della tutela tipica della giurisprudenza sovranazionale a fronte dell’italico iperuranio delle diverse scuole di pensiero.

NOTE

1 G.B. Camerini, M. Pingitore, alienazione parentale: ostacolo alla bigenitorialità, Il Familiarista, 29/04/16.

2 http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17505616/consulenza-tecnica-ed-accertamento-della-sindrome-da-alie nazione-parentale-%28cass.html

3 v. Rita Rossi, www.personaedanno.it

4 Maria Teresa De Scianni, Avvocati di Famiglia n. 2 aprile-giugno 2013, pagg. 60 e segg.

5 http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506001/i-persistenti-impedimenti-al-diritto-di-visita-e-la-campagnadenigratoria-conduc.html

6 http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506083/figli-inseriti-in-struttura,-extrema-ratio-quando-il-comporta mento-del-genitore-.html

7 http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506243/non-rileva-la-pas%2C-quanto-la-capacita-di-preservare-lacontinuita-delle-relazion.html 8 n.25704 Lombardo c. Italia.