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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condanna ancora l’Iitalia per discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale (nota a CEDU, 30 giugno 2016, Taddeucci e McCall contro Italia, ricorso n. 51362/09)

autore: V. Cianciolo

Le sentenze degli ultimi anni hanno dato prova del continuo lavoro di interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) soprattutto quando i ricorrenti lamentano una violazione riconducibile al loro orientamento sessuale. La ratio di fondo seguita dalle sentenze Cedu nei casi sopra accennati, interessano fondamentalmente la necessità che lo Stato parte si attivi per tutelare il gruppo LGBT attraverso una varietà di misure dal forte impatto sociale. Tra queste, quelle a carattere più squisitamente positivo, come l’obbligo di facilitare lo sviluppo della vita familiare nel più ampio contesto migratorio attraverso il ricongiungimento familiare o almeno, la garanzia di una valutazione imparziale in merito alla richiesta volta a ottenere tale beneficio. Con la decisione pubblicata il 30 giugno 2016 Taddeucci e McCall contro Italia (ricorso n. 51362/09) la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per la violazione degli artt. 8 e 14 per aver negato il permesso di soggiorno a una coppia dello stesso sesso. Secondo la Corte costituisce discriminazione diretta sulla base dell’orientamento sessuale nel godimento del diritto alla vita famigliare la mancata concessione al partner omosessuale (straniero non UE) del permesso di soggiorno per motivi familiari. Roberto Taddeucci e il suo compagno Douglas McCall da anni vivono in Nuova Zelanda. Nel 2003 decidono di trasferirsi in Italia dove McCall fa domanda per ottenere il permesso di soggiorno in quanto “familiare” del compagno. Permesso che le autorità di Livorno negano. Non così il Tribunale di Firenze a cui nel 2005 aveva fatto ricorso la coppia. L’Avvocatura dello Stato si appella e vince e la coppia ricorre in Cassazione. I giudici respingono nuovamente la loro richiesta affermando che per “familiari” si possono intendere “solo i coniugi, i minori, gli adulti e figli a carico” e ricordando che secondo la Corte Costituzionale non si possono tutelare i conviventi nello stesso modo in cui si tutelano i membri di una famiglia legittima. Questo - aveva precisato la Corte - non implica discriminazione perché c’è discriminazione solo se si trattano i casi uguali in modo differente. Ma lo Stato italiano - spiegano i giudici - non assegna la qualifica di familiare a nessuna coppia convivente, etero od omo che sia. In questo senso tratta tutti allo stesso modo. Rammentano poi gli Ermellini che la Cedu lascia ampio spazio di manovra ai singoli stati sulla disciplina della materia che attiene al diritto di famiglia e dunque legittimamente uno stato può decidere che una coppia dello stesso sesso non possa sposarsi. Nel 2009 Taddeucci e McCall ricorrono alla Corte europea. Intanto nel 2010, trasferitisi in Olanda, si “sposano”. Veniamo alla decisione dei giudici di Strasburgo. Secondo il Governo Italiano: “Le Gouvernement considère que l’article 14 ne trouve pas à s’appliquer en l’espèce. Selon lui, dans les affaires S. c. Royaume-Uni (no 11716/85, décision de la Commission du 14 mai 1986, Décisions et rapports (DR) 47, p. 274) et Röösli c. Allemagne (no 28318/95, décision de la Commission du 15 mai 1996), la Commission avait indiqué que la défense de la famille était un but légitime pouvant justifier une différence de traitement et que des relations homosexuelles durables entre deux hommes ne relevaient pas du droit au respect de la vie familiale protégé par l’article 8 de la Convention. La Commission aurait également considéré que l’expulsion d’un étranger lié, dans l’État d’accueil, par une relation avec une personne du même sexe n’était pas constitutive d’une ingérence dans le droit garanti par cette disposition…”



In primo luogo, la Cedu sottolinea il fatto che “la situazione del signor Taddeucci e del signor McCall, una coppia gay, non potrebbe essere intesa come paragonabile a quella di una coppia eterosessuale non sposata. Non potendosi sposare e nell’impossibilità di ottenere in quegli anni in Italia qualsiasi altro riconoscimento formale della loro unione, i due uomini non potevano essere classificati come ‘coniugi’ secondo il diritto nazionale”. Alle coppie gay, al tempo in cui si è svolta la vicenda, era preclusa qualsiasi possibilità di riconoscimento giuridico e dunque qualsiasi chance di essere considerate “famiglia”. Di conseguenza le coppie gay sono discriminate rispetto alle coppie etero in violazione dell’art. 14 della Convenzione dei diritti umani.

Ne consegue che “l’interpretazione restrittiva della nozione di membro di famiglia era per le coppie omosessuali un ostacolo insormontabile nell’ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari”, insormontabile proprio perché l’unico modo per vedersi riconosciuto lo status di familiari, e dunque ottenere il permesso, era quello di accedere all’istituto del matrimonio, possibilità esclusa per le coppie omo. E dunque si conclude che “nel decidere in merito alla disciplina da applicarsi alle coppie omosessuali che deve essere identica a quella che si applica alle coppie eterosessuali non sposate, lo Stato aveva violato il diritto dei ricorrenti a non essere sottoposti a discriminazione in base all’orientamento sessuale nel godimento dei propri diritti ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione” (diritto alla vita privata e familiare), proprio perché le coppie etero possono sposarsi e quelle omo no. A questo punto però l’intento della Corte era quello comunque di assegnare ai due partner la qualifica giuridica di “familiare” uno dell’altro e di far comprendere all’Italia che, al di là del vincoli normativi nazionali, è comunque possibile qualificare il sig. McCall come familiare del sig. Taddeucci e dunque concedergli il permesso di soggiorno. Richiamando una sua precedente decisione riguardante sempre una coppia omosessuale (Schalk e Kopf vs. Austria), la Cedu afferma che: 58. La Cour rappelle que, dans son arrêt Schalk et Kopf (précité, § 94), elle a jugé qu’il était artificiel de continuer à considérer que, au contraire d’un couple hétérosexuel, un couple homosexuel ne saurait connaître une « vie familiale » aux termes de l’article 8. Elle a donc estimé que la relation qu’entretenaient MM. Schalk et Kopf, un couple homosexuel cohabitant de facto de manière stable, relevait de la notion de « vie familiale » au même titre que celle d’un couple hétérosexuel se trouvant dans la même situation (voir également X et autres c. Autriche [GC], no 19010/07, § 95, CEDH 2013). Elle ne voit aucune raison de parvenir à des conclusions différentes en ce qui concerne les requérants en la présente affaire.



Ponendo l’intera questione sotto il profilo discriminatorio anziché rispetto al ricongiungimento familiare per se, diritto dai contorni controversi diventa piuttosto semplice per la Corte Edu riaffermare il consueto principio: l’assenza di giustificazioni molto serie per il comportamento dell’Italia dà origine a una violazione della Convenzione. Secondo la coppia: 69. Les requérants exposent ensuite que les arrêts no 138 de 2010 de la Cour constitutionnelle (paragraphe 64 ci-dessus) et no 4184 de 2012 de la Cour de cassation (paragraphe 66 ci-dessus) ont établi, en faveur des couples homosexuels stables, un droit à un traitement comparable à celui des couples mariés. Ils déplorent que, en dépit de ces progrès jurisprudentiels, le législateur italien ne soit pas intervenu pour réglementer ce droit dans le cadre de « situations internes » comme la leur.



70. À l’instar des tiers intervenants (paragraphes 74-80 ci-dessous), les requérants expliquent que réserver, dans des pays où le mariage n’est pas ouvert aux couples homosexuels, certains droits aux seuls couples hétérosexuels mariés s’analyse en principe en une discrimination indirecte basée sur l’orientation sexuelle



In questi termini, anche in un ambito così importante per gli Stati parte, una differenza di trattamento riconducibile all’orientamento sessuale non è conforme all’articolo 14 Cedu se le autorità nazionali non riescono a dimostrare che sia, oltre che proporzionale, anche necessaria per raggiungere uno scopo convenzionalmente legittimo, come il controllo delle frontiere e dell’immigrazione. A maggior ragione, una misura che introduce una blanket exclusion per il gruppo LGB, come avviene nel caso in esame, non può mai essere accettata poiché in aperto contrasto con gli standard di tutela Cedu. 83…. la situation des requérants ne saurait cependant être considérée comme analogue à celle d’un couple hétérosexuel non marié. À la différence de ce dernier, les intéressés n’ont pas, en Italie, la possibilité de se marier. Ils ne peuvent donc pas être qualifiés d’« époux » selon le droit national. Dès lors, une interprétation restrictive de la notion de « membre de la famille » ne constitue un obstacle insurmontable à l’octroi du permis de séjour pour raison familiale que pour les couples homosexuels. Ces derniers ne pouvaient pas non plus obtenir un mode de reconnaissance juridique autre que le mariage… 89. La Cour rappelle encore que l’orientation sexuelle relève du champ d’application de l’article 14. Elle a maintes fois déclaré que, comme les différences fondées sur le sexe, celles fondées sur l’orientation sexuelle doivent être justifiées par des motifs impérieux ou, autre formule parfois utilisée, par des «raisons particulièrement solides et convaincantes». 93. Bien que la protection de la famille traditionnelle puisse, dans certaines circonstances, constituer un but légitime au regard de l’article 14, la Cour considère que, dans le domaine concerné, à savoir l’octroi d’un permis de séjour pour raison familiale à un partenaire étranger homosexuel, elle ne saurait constituer une raison « particulièrement solide et convaincante » de nature à justifier, dans les circonstances de l’espèce, une discrimination fondée sur l’orientation sexuelle (voir, mutatis mutandis, Vallianatos et autres, précité, § 92). Conclusioni: 98. À la lumière de ce qui précède, la Cour estime qu’à l’époque litigieuse, en décidant de traiter, aux fins de l’octroi du permis de séjour pour raison familiale, les couples homosexuels de la même manière que des couples hétérosexuels n’ayant pas régularisé leur situation, l’État a enfreint le droit des requérants de ne pas subir de discrimination fondée sur l’orientation sexuelle…



La coppia otterrà un risarcimento di 20.000 euro a titolo di danno morale e 18.924 a titolo di spese legali.