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L’accrescimento della quota ereditaria non può prescindere dall’accertamento dei rapporti di debito – credito tra i condividenti. Cass., II Sez. Civ., Ord. 12 gennaio 2024, n. 1319

Lunedì, 11 Marzo 2024
Giurisprudenza | Successioni | Legittimità
Cass., Est. Pirari, ord. 12.01.24 n.1319 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Nel caso in cui taluno dei condividenti affermi, ai sensi dell'art. 1115 c.c, di avere diritto ad un incremento della propria quota per aver pagato un debito in solido per la cosa comune senza ottenere alcun rimborso, non è possibile procedere all'assegnazione delle quote di immobili non divisibili senza aver prima accertato i rapporti di credito e di debito tra i condividenti, spiegandosi detta regola, applicabile anche alla comunione ereditaria, in considerazione di quanto prescrive l'ultimo comma della norma, secondo cui "il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti

Conforme Cass., Sez. 2, 6/10/2021, n. 27086.

Divisione ereditaria – Rapporti di debito / credito tra i condividenti – Istituto della dote - Restituzioni

Rif. Leg. Art. 723, 724, 725, 1111, 1115 c.c.

 

La Corte di Cassazione, nella articolata ordinanza de qua, in primis dichiara l’inammissibilità del primo motivo di impugnazione relativo alla “insufficienza della motivazione” della sentenza di merito e precisa il tenore della anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata.

Dopo ampia dissertazione in ordine alla natura, alle funzione e alla modalità di costituzione dell’istituto dotale come disciplinato dagli artt. 177 e ss. c.c ante riforma Legge n. 151/1975, la Corte ritiene inammissibile anche il secondo motivo, non  contendendo il ricorso alcuna precisazione in ordine all’oggetto della dote, né alcuna indicazione in merito al contenuto dell'atto di donazione in favore dei figli e alla partecipazione ad esso di uno o di entrambi i coniugi e soprattutto del marito, né alle prescrizioni decise dal Tribunale con l'autorizzazione alla vendita del bene e ciò in violazione di quanto previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c.

Quanto poi ai rapporti di debito – credito tra i condividenti, premesso che l'azione di rendiconto può presentarsi distinta e autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione, ancorché l'una e l'altra abbiano dato luogo a un unico giudizio, e rilevato che nell'ambito del giudizio di divisione il giudice non può disporre il rendiconto senza istanza delle parti, la Corte ritiene corretta la pronuncia dei giudici di merito i quali hanno affermato che i crediti per eventuali risarcimenti e quelli per i frutti prodotti non potessero dar luogo all'accrescimento della quota in assenza di un'autonoma e distinta istanza di rendiconto, non potendo la stessa considerarsi implicitamente proposta con la domanda di accrescimento della quota, e ciò al netto di ogni ulteriore considerazione di carattere esclusivamente meritale.

autore: Fossati Cesare