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Sì all’assegno divorzile in grado di appello se è giustificato dal mutamento dell'orientamento giurisprudenziale. Cass. Civ., Sez. I, Ord. 3 novembre 2023, n. 30656

Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Giurisprudenza | Mantenimento | Divorzio | Legittimità
Corte di Cassazione, Est. Tricomi, Ord. 3.11.23 n.30656 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

La riproposizione in grado di appello della domanda di attribuzione dell'assegno di divorzio, già accolta in primo grado sulla base del criterio del tenore di vita matrimoniale (alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale vigente dell'epoca della domanda), e fondata, nel successivo giudizio di gravame, sui principi di perequazione e compensazione (secondo il più recente orientamento giurisprudenziale), rappresenta un "quid minus" rispetto al "quid pluris" precedentemente richiesto e, di per sè, non può essere ritenuta inammissibile, poichè la parte chiede sempre il medesimo assegno, in relazione al quale si deve tenere conto della variazione interpretativa che giustifica la relativa attribuzione.

Conforme Corte di Cassazione n. 2670/2023.

Funzione assistenziale, perequativa e compensativa dell'assegno di divorzio - Mutamento giurisprudenziale - Irripetibilità delle somme versate quali contribuzioni alimentari

Rif. Leg.: Art. 5 Legge 1 dicembre 1970 n. 898 e ss.mm.ii.

La Suprema Corte, nella fattispecie, cassa la sentenza della Corte di Appello impugnata, la quale, nella valutazione sulla debenza dell'assegno divorzile, non ha tenuto in alcuna considerazione i criteri equi-ordinati del contributo fornito dalla richiedente l'assegno divorzile alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto, come elaborati dalla giurisprudenza successiva all'introduzione del giudizio di divorzio in primo grado.

Posto che nella fattispecie, i motivi del ricorso censurano la violazione o falsa applicazione di una norma diritto con riguardo alla quale è intervenuto un mutamento della giurisprudenza di legittimità (Cfr. Sezione Unite n. 18287/2018), la Corte di Appello deve giudicare sulla base del nuovo orientamento, avendo ad oggetto, il giudizio di legittimità, la conformità della decisione adottata al principio di diritto e non l'operato del giudizio di merito.

Con l'occasione, in riferimento al senso motivo di ricorso che censura il capo della sentenza in cui la revoca dell’assegno divorzile è stata fatta retroagire alla data della sentenza di primo grado, la Suprema Corte ricorda che secondo la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018, in tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti l'insussistenza "ab origine" dei presupposti per il versamento del contributo, opera la regola generale della "condictio indebiti" che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente  nell'ipotesi in cui si escluda la debenza, in virtù di una diversa valutazione con effetto "ex tunc" delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, e qualora si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, purchè la modifica riguardi somme modeste, presumibilmente destinate al consumo del coniuge o ex coniuge in condizioni di debolezza economica. In questo senso Cass. Sez. U. n. 32914/2022.

autore: Fossati Cesare