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L'assegno perequativo decorre dalla data della decisione. Cass. civ., Sez. I, Ord., 11 luglio 2023, n. 19625

Cass., Sez.I, Est. Pazzi, Ord. 11.07.23 n.19625 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

L'assegno perequativo disposto dal giudice nella sentenza di separazione decorre dalla data della decisione, non dalla data della proposizione della domanda, trattandosi di una pronuncia determinativa che non può operare per il passato, per il quale continuano a valere le determinazioni provvisorie emesse dal Presidente, le quali hanno natura cautelare.

L'obbligo di mantenimento del minore da parte del genitore non collocatario deve far fronte a una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, secondo uno standard di soddisfacimento corrispondente al tenore di vita economico e sociale goduto in precedenza dalla famiglia.

Separazione – mantenimento – provvedimenti provvisori – sentenza finale – decorrenza effetti

Conforme Cass. 16739/2020

Rif. Leg.  Art 337 ter c.c.; Artt. 91, 92, 100, 112, 115, 116, 132, 345, 708 e 709 c.p.c. (ante Riforma Cartabia)

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Con l'ordinanza in oggetto la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso promosso avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4327/2020 depositata il 21 settembre 2020, respingendo il primo motivo di impugnazione in quanto inammissibile, precisa la natura cautelare del provvedimento emesso ai sensi dell'art. 708 c.p.c., chiarendo che, in tema di mantenimento dei figli minori, l'assegno perequativo disposto dal giudice nella sentenza di separazione decorre dalla data della decisione e non dalla data della proposizione della domanda, in quanto si tratta di una pronuncia determinativa che non può operare per il passato, per il quale continuano a valere le determinazioni provvisorie di cui agli artt. 708 e 709 c.p.c. (Cfr. Cass. 18538/2013 e Cass. 10788/2018).

Parimenti inammissibile è ritenuto il secondo motivo di impugnazione in relazione al quale la Corte statuisce che in sede di legittimità non è possibile proporre una censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. denunciando un'erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, in difetto di allegazione, a base della decisione, di prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, di prove legali disattese, ovvero di erronea valutazione di elementi di prova. Ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non può essere censurata la valorizzazione di un fatto controverso e decisivo in un senso differente da quello voluto dalla parte (Cfr. Cass. 14929/2012, Cass. 23328/2012).

Segue il rigetto dei motivi terzo e quarto del ricorso principale e dell'unico motivo di ricorso incidentale in ordine, rispettivamente, alla compensazione delle spese di lite e alla mancata spiegazione dei canoni applicati per l'individuazione della parte maggiormente soccombente, nonchè alla mancata pronuncia, da parte della corte di merito, sulla richiesta di regolazione delle spese processuali del primo grado di giudizio.

autore: Fossati Cesare