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Le direttive del Tribunale di Milano per la vaccinazione degli ospiti delle RSA

Lunedì, 18 Gennaio 2021
Sezione Ondif di Milano
 Il consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid di Valeria Cianciolo Il consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid di Valeria Cianciolo

Il consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite
di Valeria Cianciolo

L’art. 1, co. 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021) ha previsto che “Per garantire il più efficace contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2, il Ministro della salute adotta con proprio decreto avente natura non regolamentare il piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale.”
Il Decreto Legge 5 gennaio 2021, n. 1 (Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19) e pubblicato sulla G.U. n.3 del 5 gennaio 2021, prolunga le restrizioni agli spostamenti fino al 15 gennaio in tutto il territorio nazionale, mantiene in vigore il limite di due persone per le visite a parenti e amici, riapre Bar e ristoranti, ma non nel weekend, vieta lo spostamento tra Regioni. E fin qui possiamo dire, che sapevamo che la notte era ancora lunga.
Ma nel decreto spuntano misure ad hoc per il consenso alla vaccinazione Covid da parte dei pazienti delle Rsa non coscienti.
L’art. 5 del D.L. 1 del 2021 al 1 comma dispone che “Le persone incapaci ricoverate presso strutture sanitarie assistite, comunque denominate, esprimono il consenso al trattamento sanitario per le vaccinazioni anti Covid-19 del piano strategico nazionale di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, a mezzo del relativo tutore, curatore o amministratore di sostegno, ovvero del fiduciario di cui all'articolo 4 della legge 22 dicembre 2017, n. 219, e comunque nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 3 della stessa legge n. 219 del 2017 e della volontà eventualmente già espressa dall'interessato…”
Qui il legislatore ha richiamato la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 in tema di disposizioni anticipate di trattamento (DAT) dando per scontato l’approdo a cui si è giunti, ossia, che il punto di riferimento costituzionale nell’ambito delle scelte terapeutiche, è rappresentato dal principio del consenso informato, che la Corte costituzionale (Corte cost. 23 dicembre 2008, n. 438), ha definito come «vero e proprio diritto della persona» e «principio fondamentale in materia di tutela della salute», rinvenendone i fondamenti costituzionali negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione.
Le fondamenta costituzionali del consenso informato sono chiare: l'art. 32 della Costituzione certamente, ma anche l’art. 2 e l’art. 13 con la sua l’affermazione perentoria «la libertà personale è inviolabile» all’interno del quale è ricavabile il principio di autodeterminazione, si intende, il riconoscimento normativo dato alla capacità di ciascun individuo di compiere scelte in via autonoma e indipendente.  Sono noti i limiti posti dalla legge all'Amministratore di sostegno nello svolgere le sue funzioni, soprattutto per quanto riguarda la facoltà di sostituirsi al proprio assistito nel consenso ad un trattamento sanitario. Secondo l'art. 5 della Convenzione di Oviedo, a questo proposito, non può essere effettuato nessun intervento clinico "se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato", tranne che in condizioni di urgenza, in cui invece "si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata" (art. 8 della Convenzione).
Il problema si pone per quelle persone che non hanno redatto le disposizioni anticipate di trattamento: sul punto vi è da aggiungere che per effetto della pandemia da febbraio 2020 a fine 2020 ne sono stati depositati 11.096 contro gli oltre 145.000 redatti nei 24 mesi precedenti. Criticità di non poco conto in una situazione come quella che si sta vivendo e che ha delle ricadute a cascata per quel che concerne le vaccinazioni.
Il D.L. 1 del 2021 al comma 2 dell’indicato art. 5 prevede che in caso di incapacità naturale, ovvero qualora il fiduciario, il tutore, il curatore o l'amministratore di sostegno mancano o non sono in alcun modo reperibili per almeno 48 ore, il direttore sanitario o, in difetto, il responsabile medico della residenza sanitaria assistita (RSA), ad assumere la funzione di amministratore di sostegno, al solo fine della prestazione del consenso.
E’ una norma lontana dalla realtà e priva di esperienza dell’emergenza. E’ possibile pensare che in una RSA di media grandezza con la penuria di personale medico e paramedico, ci si possa mettere a cercare familiari entro il terzo grado che autorizzino la vaccinazione (con firma autografa su modulo apposito) dell’anziano ricoverato incapace e senza amministratore di sostegno, o contattare il giudice tutelare, inviargli la relazione medica e aspettare il decreto di convalida?
E non solo. Il 2 comma dell’art. 5 sembra in antitesi con l’art. 408, comma 3, c.c. che prevede che non possano “ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario”. La ratio della norma è quella di impedire un conflitto di interessi tra la struttura presso cui è ricoverato il beneficiario e il beneficiario stesso: la struttura, percepisce una remunerazione diretta o indiretta per il ricovero e la cura del beneficiario e potrebbe essere disincentivata, dal punto di vista economico, a dimettere il soggetto dal quale, o a favore del quale, percepisce un compenso.
Il problema del bilanciamento tra diritto alla salute, sicurezza dei cittadini e diritti di libertà della persona, è e sarà sempre un problema che tormenterà sia il singolo sia le politiche sociali, proteso da una parte verso la tutela della vita, e dell’autonomia individuale, dall’altro.
In circostanze eccezionali di necessità e urgenza, raffiguranti, assegnare all’amministratore di sostegno poteri di rappresentanza esclusiva nella sfera “personalissima” del beneficiario è certamente una misura idonea per risolvere alcuni casi-limite, evitando, al contempo, il ricorso all’istituto dell’interdizione.
Il punto è che adottare in una situazione di extrema ratio come quella che si sta vivendo per effetto della pandemia da Covid-19, è possibile che in futuro si possa assistere ad una trasformazione di tale procedura in prassi normale e ad un ampliamento dei poteri dell’amministratore di sostegno totalmente estraneo alle finalità perseguite dal legislatore.
Nella prassi si segnala la tendenza di molti istituti assistenziali a porre come condizione per il ricovero il fatto che l’anziano sia già beneficiario di amministrazione di sostegno: “Tale richiesta è spesso motivata da esigenze interne di organizzazione della struttura, in particolare dall’eventualità della necessità di prestazioni di consenso a trattamenti sanitari urgenti; non pare però infondata neppure l’ipotesi che l’istituto tenda a far assumere alla persona nominata amministratore di sostegno la veste di garante della liquidazione della retta richiesta”. (Cfr. F. Gabrielli - P. Cardinale, (a cura di), L’amministrazione di sostegno nella realtà ospedaliera. Teoria e pratica, Torino, 2008).

autore: Cianciolo Valeria