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Bonus bebè a donna straniera residente regolarmente in Italia. Tribunale di Bergamo. Ordinanza del 15 aprile 2016.

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L'articolo 12 della direttiva 2011/98/UE, recepita in Italia con il Dlgs 40/2014,non prevede deroghe alla parità di trattamento nei settori della sicurezza sociale rispetto ai cittadini dello Stato membro per gli stranieri che rientrano nelle definizione di «lavoratori», poichè fra essi rientrano sia i «cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno stato membro a fini diversi dall'attività lavorativa ... ai quali è consentito lavorare», sia i «cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno stato membro a fini lavorativi»- Nel citato decreto legislativo però, tale importante previsione non viene recepita. Tale lacuna viene comunque colmata dalla gerarchia delle fonti di legge.
La direttiva «trova ingresso nell'ordinamento interno senza necessità di alcuna norma di recepimento, ponendosi nella gerarchia delle fonti al di sopra della legislazione nazionale, che deve essere disapplicata in caso di contrasto». «Se infatti,  la legislazione nazionale pone lo straniero in una situazione di svantaggio rispetto al cittadino italiano realizza una forma di discriminazione oggettiva, sanzionabile a prescindere dalla convinzione soggettiva di chi la attui, di agire in applicazione della stessa».
Pertanto alla donna albanese residente in Italia con permesso di soggiorno per motivi familiari va riconosciuto il diritto a percepire il "c.d. bonus bebè" sino al compimento del terzo anno di età della figlia. La donna infatti ha lavorato stabilmente in Italia e vi risiede da un periodo di tempo sostanziale.

autore: Zadnik Francesca