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Pendenza di un procedimento penale a carico del padre per abusi sessuali e diritto di visita del figlio (Cass. civ. sez. I, 10 gennaio 2014, n. 372)

Giovedì, 27 Febbraio 2014
Giurisprudenza | Affidamento dei figli | Legittimità
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Le decisioni in materia di affidamento dei figli minori producono un giudicato "rebus sic stanti bus" comunque superabile in base a fatti successivi alla loro emissione, e il giudice che le emette non ha il potere di determinare anche gli esiti di un successivo giudizio prendendo posizione su mere ipotesi di fatti futuri.



Cass. civ. sez. I, 10 gennaio 2014, n. 372


Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale per i minorenni di Roma dispose l'affidamento condiviso del minore C.N., figlio naturale del sig. C. A. e della sig.ra D.A.V. (nato il (OMISSIS), con collocamento presso la madre, determinò le modalità di visita del padre e definì gli obblighi economici di quest'ultimo.

Il provvedimento fu reclamato da entrambe le parti. Il C. chiese la riduzione del proprio contributo economico e la revisione del collocamento del bambino presso la madre, valorizzando quanto emerso sulla personalità di quest'ultima nella consulenza tecnica d'ufficio eseguita nell'ambito del procedimento penale a carico di esso reclamante per presunti abusi sessuali compiuti sul figlio, conclusosi con richiesta di archiviazione. La D.A., al contrario, chiese elevarsi il contributo economico a carico del C., sospendersi la potestà genitoriale del medesimo ed affidarsi il figlio esclusivamente a se stessa, con divieto di incontri con il padre o, in subordine, con incontri consentiti solo in forma protetta.

La Corte d'appello dispose in via provvisoria ed urgente l'affido del minore - fermo restando il collocamento presso la madre - al servizio sociale territorialmente competente, incaricato di adoprarsi per una ripresa graduale dei rapporti tra padre e figlio.

Sull'opposizione della D.A. alla richiesta di archiviazione del procedimento penale a carico del C. e dopo una nuova consulenza tecnica eseguita in sede penale, il C. fu poi rinviato a giudizio per i reati di violenza sessuale e lesioni a carico del figlio, e la Corte dispose una nuova consulenza tecnica di ufficio sulla condizione psicologica del minore e dei genitori. Sulla scorta della quale la medesima Corte, con il decreto che ha definito il giudizio davanti a sè, ha confermato, in particolare, il provvedimento provvisorio di affido del minore al servizio sociale, incaricato di predisporre un progetto di cura della relazione tra padre e figlio finalizzato al recupero della stessa secondo le seguenti indicazioni: necessaria previsione di un supporto terapeutico per il padre; organizzazione di incontri protetti tra il padre e il figlio presso un centro specializzato in grado di offrire anche al minore il necessario supporto terapeutico ed ogni altro intervento di sostegno; mantenimento di tale regime sino a diversa indicazione dell'autorità giudiziaria. Al servizio sociale la Corte ha altresì imposto di riferire al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, per l'adozione di eventuali provvedimenti a tutela del minore, dopo sei mesi dall'inizio del progetto o immediatamente in caso di inosservanza delle prescrizioni o di comportamenti pregiudizievoli per il minore stesso.

La Corte ha ritenuto infatti rispondente all'interesse del minore la ripresa di rapporti con la figura paterna, interrotti da più di quattro anni, senza attendere la conclusione, prevedibilmente non vicina, del procedimento penale a carico del C., dato il rischio, segnalato dal consulente tecnico, che l'ulteriore indugio possa rendere impossibile il ripristino della relazione tra padre e figlio, con grave danno per quest'ultimo, ed ha aggiunto: "Ancora di più, secondo la Corte, quel rapporto va comunque recuperato, indipendentemente dall'esito del procedimento penale, la cui pendenza giustifica l'adozione delle opportune cautele, non potendosi escludere, attraverso un sostegno terapeutico, il recupero della genitorialità pur nell'eventualità che risultino accertati gli episodi ascritti".

La sig.ra D.A. ha proposto ricorso per cassazione articolando un solo motivo di censura. L'intimato si è difeso con controricorso e memoria.

Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione di norme di diritto, in particolare del principio della tutela del superiore interesse del minore.

La ricorrente stigmatizza la valutazione, espressa dalla Corte d'appello nel passaggio testualmente riportato sopra in narrativa, secondo cui anche la eventualità dell'accertamento della commissione di abusi sessuali nei confronti del minore da parte di suo padre non osterebbe, di per sè, al ripristino della relazione genitoriale;

valutazione direttamente collegata - ad avviso della ricorrente - al dispositivo del provvedimento impugnato, di cui costituisce a un tempo causa efficiente e fattore di estensione dell'efficacia, dato che al cospetto di una tale affermazione contenuta nel provvedimento del giudice superiore il Tribunale per i minorenni non potrebbe andare in contrario avviso ove fosse adito a seguito dell'accertamento della responsabilità del padre per gli abusi ai danni del figlio.

Secondo la ricorrente, invece, l'accertamento di tale responsabilità in capo al genitore osterebbe in maniera assoluta alla relazione tra padre e figlio; ritenere il contrario rivela che si tende a tutelare l'interesse dell'adulto, non certo quello del minore, che richiederebbe, invece, di attendere l'esito del procedimento penale prima di disporre la ripresa dei rapporti, per non esporre il bambino al rischio di incontrare chi ne ha abusato e all'eventualità di una nuova interruzione dei rapporti stessi, in caso di condanna del padre, dopo averli forzatamente e dolorosamente riattivati.

2. - La censura è inammissibile.

L'affermazione della Corte d'appello su cui essa s'incentra non ha, invero, il carattere di decisività attribuitole dalla ricorrente e tantomeno preclude una diversa decisione all'esito dell'accertamento della eventuale responsabilità del sig. C. per i gravi reati ascrittigli.

La Corte, infatti, ha chiaramente disposto la ripresa dei rapporti padre - figlio, circondandola peraltro delle stringenti cautele di cui si è detto, sul rilievo, basato sugli esiti di indagini peritali appositamente disposte, che ulteriori indugi avrebbero comportato la definitiva irrecuperabilità della relazione padre - figlio, con conseguente grave danno per quest'ultimo. Questo è il senso della decisione dei giudici di secondo grado, mentre l'ulteriore affermazione degli stessi, riferita all'eventuale accertamento della fondatezza dell'ipotesi di abusi sessuali commessi dal genitore ai danni del figlio, ha carattere puramente rafforzativo di tale ratio ed è fatta solo ad abundantiam, come del resto è rivelato dal suo stesso incipit ("Ancora di più...").

Inoltre le decisioni in materia di affidamento dei figli minori producono un giudicato rebus sic stantibus comunque superabile in base a fatti successivi alla loro emissione, e il giudice che le emette non ha il potere di determinare anche gli esiti di un successivo giudizio prendendo posizione su mere ipotesi di fatti futuri (nella specie la eventualità, appunto, dell'accertamento degli abusi).

Che, poi, nel caso concreto l'interesse del minore sia meglio tutelato cercando di preservare, con le cautele del caso, la relazione padre-figlio, ovvero ulteriormente sospendendola sino all'esito del giudizio penale, è questione di fatto motivatamente risolta dalla Corte d'appello nel senso sopra indicato e non deducibile in sede di legittimità.

3. - In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè dagli atti risulta che il processo è esente dal contributo unificato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle persone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2014  

autore: Campione Francesco