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Sulla rilevanza delle affermazioni della parte interessata ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento (Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2012, n. 22949).

Domenica, 24 Novembre 2013
Giurisprudenza | Separazione e divorzio | Legittimità
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In tema di assegno di mantenimento, le affermazioni di parte relative alla diversità del tenore di vita condotto rispetto a quello goduto durante il matrimonio sono poco significative se non confortate da riscontri oggettivi.


Cass. 22949/2012


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE PRIMA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente -


Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -


Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -


Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -


Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -


ha pronunciato la seguente:


sentenza


sul ricorso proposto da:


V.P., elettivamente domiciliata in Roma, via Premuda 6, presso l'avv. Cristina Michetelli, rappresentata e difesa dal l'avv. Bagalini Otello giusta delega in atti;


- ricorrente -


contro


S.B.;


- intimato -


avverso la sentenza della Corte d'appello di Ancona n. 154 del 6.4.2007.


Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17.10.2012 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;


Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo


Con ricorso del 16.11.2009 S.B. sollecitava al Tribunale di Ascoli Piceno declaratoria di separazione giudiziale dalla moglie V.P., sollecitazione che il tribunale recepiva, pronunciando in conformità per quanto riguarda la domanda principale di separazione, assegnando alla moglie la casa coniugale, determinando l'obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento in favore della figlia e negando viceversa analogo assegno alla moglie che ne aveva fatto richiesta.


La sentenza, impugnata dalla V., veniva confermata dalla Corte di Appello di Ancona, che segnatamente rilevava che il reddito del marito ammontava a Euro 40.000 lordi annui (pari a circa Euro 1.200 netti mensili), mentre quello della moglie risultava di Euro 900 lordi;


che la moglie beneficiava tuttavia del godimento della casa coniugale; che a carico del marito risultava pure l'assegno di mantenimento in favore della figlia; che, essendo indimostrata la titolarità di ulteriori cespiti in favore del S., la decisione del primo giudice appariva meritevole di conferma.


Avverso la decisione V. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non resisteva l'intimato.


La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 17.10.2012.

Motivi della decisione


Con i motivi di ricorso la V. ha rispettivamente denunciato:


1) violazione dell'art. 156 c.c. con riferimento al negato assegno di mantenimento in proprio favore. Il giudizio della Corte sarebbe infatti errato per l'omesso esame circa l'idoneità del reddito percepito a consentirle di mantenere lo stesso tenore di vita goduto in precedenza;


2) vizio di motivazione in ordine all'avvenuta individuazione del reddito dei coniugi. Osserva il Collegio che le censure sono infondate. Ed infatti, quanto al primo motivo, la doglianza è basata su una pretesa errata o comunque incompleta lettura, da parte della Corte di Appello, della documentazione prodotta dalle parti e sul conseguente giudizio di insussistenza, dalla stessa emesso, relativamente alla sproporzione fra i redditi dei due coniugi.


Tuttavia occorre in proposito rilevare che le affermazioni della V. relative alla diversità del tenore di vita da lei condotto rispetto a quello goduto durante il matrimonio sono apodittiche e non confortate da riscontri oggettivi; che le rappresentate divergenze ("possibilità di fare viaggi, andare a cena fuori, vestire con abiti eleganti") sono connotate da genericità e risultano comunque poco significative; che l'asserita modesta consistenza del valore che sarebbe attribuibile alla casa coniugale per essere la stessa in proprietà comune dei coniugi costituisce un dato del tutto irrilevante, poichè la Corte territoriale ne ha tenuto conto esclusivamente per la constatata assenza di oneri "legati alla dimensione abitativa"; che per quanto concerne l'affermata divergenza di valori risultanti dalla documentazione prodotta rispetto a quelli apprezzati dalla Corte di Appello, la divergenza, ove sussistente, sarebbe eventualmente apprezzabile in sede di giudizio revocatorio;


che, conclusivamente, per quanto il vizio della sentenza impugnata sia stato prospettato sotto il profilo della violazione di legge, in realtà è ravvisabile una non condivisa valutazione dei dati fattuali posti a base della decisione adottata, in quanto tale non sindacabile in questa sede di legittimità.


Identiche conclusioni devono poi formularsi con riferimento al secondo motivo di impugnazione. In proposito è invero sufficiente rilevare che con tale motivo, come detto, la ricorrente ha denunciato un vizio di motivazione relativamente alla determinazione dei redditi dei due coniugi, censura che risulta tuttavìa incentrata su una pretesa errata lettura della documentazione acquisita, anzichè sull'indicazione degli elementi per i quali il giudizio emesso sarebbe sostenuto da motivazione viziata e inadeguata, e quindi con una prospettazione argomentativa non suscettibile di sindacato nel giudizio di legittimità. Conclusivamente il ricorso deve essere dunque rigettato, mentre nulla va disposto in ordine alle spese processuali poichè l'intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso.


In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.


Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2012.


Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2012

autore: Campione Francesco