Obbligazione di mantenimento adempiuta mediante la cessione di beni mobili o immobili (Cass. Sez. II, 23 settembre 2013, n. 21736)
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L'obbligo di
mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere
adempiuto dai
genitori in sede di separazione personale o divorzio mediante un accordo -
formalmente rientrante
nelle previsioni, rispettivamente, degli art. 155 c.c.,
comma 7, art. 158 c.c., comma 2, e dell
'art. 711 c.c., comma 3, e della L. n.
898 del 1970, art. 4, comma 8, e art. 6, comma 9 - il
quale, anziché attraverso
una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa,
attribuisca o
li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili, e
che
tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione
solutoria - compensativa
dell'obbligazione di mantenimento, in quanto
costituisce applicazione del principio, stabilito
dall'art. 1322 c.c., della
libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale
interessi
meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. SAN
GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - rel.
Consigliere -
Dott. SCALISI Antonino - Consigliere -
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G.
21594/07) proposto da:
S.G., rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale del notaio Cappetti di Genova del 25.7.2011 rep. 10498, dall'Avv.to FELICETTI ALBERTO del
foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Lavinio n.
31;
- ricorrente -
contro
C.M.A.R., S.P. e S. F.C., rappresentati e
difesi dall'Avv.to BUGLIONI GIORGIO del foro di Genova e dall'Avv.to Ludovico Villani del foro di
Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliati
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Asiago n. 8/2;
-
controricorrenti -
e contro
B.B., domiciliata in
appello presso lo studio dell'Avv.to Massimo Bonini in Genova, via Sauli n.
39/6;
- intimata -
avverso la sentenza della Corte
d'appello di Genova n. 479 depositata il 16 aprile 2007;
Udita la relazione
della causa svolta nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena
Falaschi;
uditi gli Avv.ti Ezio di Salvo (con delega dell'Avv.to Alberto
Felicetti), per parte ricorrente, e Ludovido Ferdinando Villani, per parte
resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso, in via principale, per l'inammissibilità del
ricorso e, in via subordinata, per il rigetto.
Svolgimento del
processo
Con atto di citazione notificato l'8 aprile 2000 C.M. A., S.P. e
F.C. evocavano, dinanzi al Tribunale di Genova, S.G., rispettivamente, coniuge e genitore degli
attori, esponendo che all'epoca della separazione personale dei coniugi, intervenuta in via
consensuale (con verbale di omologazione del 15.4.1997), era stata predisposta, con scrittura privata
del 23.11.1996, una collaterale complessa convenzione, avente valenza transattiva, con la quale, ad
integrazione delle intese formalizzate avanti al Tribunale, erano stati disciplinati i rapporti
patrimoniali fra le parti conseguenti allo scioglimento della comunione legale, prevedendo l'obbligo
a carico del convenuto del trasferimento di determinati beni mobili ed immobili in favore della moglie
e dei figli, il quale non solo si rendeva inadempiente, ma poneva, altresì, in essere comportamenti
intimidatori nei confronti degli attori per indurli a recedere dal dare esecuzione agli accordi, per i
quali riportava una condanna penale; tanto premesso, formulavano domanda ex art. 2932 c.c., per
conseguire il trasferimento dei beni di cui alla citata scrittura
privata.
Instaurato il contraddicono, nella resistenza del convenuto, il
quale assumeva di non avere sottoscritto alcun accordo, per cui disconosceva formalmente la
sottoscrizione ivi apposta ex art. 214 c.p.c., difese che modificava nel senso di riconoscimento della
firma in calce al documento, ma negando di riconoscere le date manoscritte in ogni foglio e l'intero
contenuto dattiloscritto del documento, per cui spiegava riconvenzionale per la declaratoria di
falsità della convenzione, e all'udienza del 20.3.2003 presentava personalmente querela di falso, per
cui a fronte della dichiarazione degli attori di volersi avvalere del documento contestato, con l
'intervento del p.m., intervenuta nel giudizio B.B. che aderiva alle domande attoree, il Tribunale
adito, rimessa la causa in decisione, rigettava la domanda di querela di falso proposta dal convenuto
e in accoglimento di quella attorea, in attuazione della scrittura privata del 23.11.1996, disponeva
il trasferimento in favore degli attori, P. e S.F.C., pro indiviso fra loro, del diritto di nuda
proprietà sull'appartamento sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione legale dai coniugi e
cointestato ad essi, assegnando alla C. il diritto di usufrutto vitalizio esclusivo su detto cespite;
il diritto di nuda proprietà sull'appartamento sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione
legale dai coniugi e cointestato ad essi, assegnando a S. G. il diritto di usufrutto vitalizio
esclusivo su detto cespite (diritto di usufrutto attualmente spettante a B. B.); il diritto di nuda
proprietà sul locale interrato ad uso box sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione legale
dai coniugi ma intestato esclusivamente alla C., assegnando a S.G. il diritto di usufrutto vitalizio
esclusivo su detto cespite; dichiarava il S. tenuto a mettere a disposizione e comunque a consegnare
alla C. la somma di L. 20.000.000, con i frutti maturati dal 23.11.1996 al 30.6.1999, oltre agli
interessi dalla domanda al saldo; dichiarava il S. tenuto a mettere a disposizione e comunque a
consegnare ai figli, in solido fra loro, la somma di L. 55.000.000, con i frutti maturati dal
23.11.1996 al 22.4.1999, oltre alla rivalutazione monetaria da quest'ultima data e agli interessi
legali dall'aprile 2000 (data della domanda) al saldo.
In virtù di appello
interposto da S.G., con il quale censurava sotto plurimi profili la decisione circa il mancato
accoglimento della proposta querela di falso del documento del 23.11.1996, la Corte di appello di
Genova, nella resistenza degli appellati, i quali proponevano appello incidentale condizionato, nonchè
della interveniente B., la quale chiedeva solo darsi atto della insussistenza di domande dell
'appellante nei suoi confronti, in parziale accoglimento dell'appello e per l'effetto in parziale
riforma della decisione impugnata, riduceva la condanna dell'appellante alla sanzione pecuniaria di
cui all'art. 226 c.p.c., alla misura di Euro 20,00, confermate in ogni altra sua parte le restanti
statuizioni.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale
evidenziava che quanto alla denuncia di irregolarità del procedimento incidentale conseguito all
'impugnazione del documento ex art. 223 c.p.c., non ponendo la censura alcun profilo di non
veridicità della verbalizzazione, non poteva dare luogo ad alcuna nullità; nel merito, che proprio l
'aver dato atto nel ricorso congiunto per la separazione dell'esistenza di un separato accordo,
palesava la correttezza della ratio decidendi del giudice di prime cure che si basava sulla esistenza
di un accordo parallelo e distinto rispetto alle condizioni di cui al ricorso per separazione
consensuale e sulla esistenza di un documento rispondente a detta volontà
negoziale.
Aggiungeva che l'eccezione di nullità della scrittura per carenza
di forma in quanto prevedendo il trasferimento, a titolo gratuito, ai figli di un cospicuo patrimonio,
avrebbe dovuto essere formalizzato a norma dell'art. 782 c.c., non poteva trovare accoglimento,
giacchè dal comune intento delle parti contraenti emergeva l'interesse giuridicamente qualificabile
come preordinato al conseguimento di un risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento
gravanti sul genitore nei confronti dei figli stessi, causa negoziale solutoria incompatibile con il
prospettato animus donandi. Nè rilevava la mancanza di sottoscrizione dell'atto da parte della B.,
relativamente al diritto di usufrutto sull'immobile sito in (OMISSIS), per avere egli ceduto
esclusivamente il suo diritto di nuda proprietà del cespite, mentre la rinuncia della stessa all
'usufrutto costituiva solo causa di caducazione del diritto reale
limitato.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Genova ha
proposto ricorso per cassazione S.G., basato su sei motivi, al quale hanno replicato la C. ed i figli
S. P. e F.C. con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 378 c.p.c.; non costituita la B.,
pure intimata.
Motivi della decisione
Con il primo
motivo il ricorrente denuncia contraddittoria ed illogica motivazione con riferimento alla errata
attribuzione di natura solutoria, connessa all'obbligo alimentare, in ordine al trasferimento dei
diritti reali immobiliari disposti a titolo gratuito e per mera liberalità in favore dei figli, con
interpretazione abnorme, non potendo tale tipo di dazione assolvere all'obbligazione alimentare.
Prosegue il ricorrente affermando che la corte di merito contraddittoriamente non avrebbe chiarito la
ragione per la quale il testo allegato al verbale di separazione non sarebbe quello prodotto nel
giudizio de quo e ciò nonostante ha ricollegato teleologicamente i due accordi. Il secondo motivo, con
il quale è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., per avere il giudice
proceduto all'interpretazione della convenzione nel modo sopra esposto, culmina nel seguente quesito
di diritto:
"L'indagine del giudice di merito che ha condotto nel caso di
specie ad individuare il comune intento dei contraenti ove basata su motivazione illogica,
insufficiente e contraddittoria (per i motivi ut sopra evidenziati) integra violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 1362 c.c. ed è censurabile nella sede di legittimità perchè non sorretta da
motivazione esauriente ed immune da vizi logici?".
I motivi, che in ragione
della loro connessione argomentativa vengono trattati congiuntamente, sono
infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte le pattuizioni
intervenute tra coniugi, che abbiano in corso una separazione consensuale, con cui si obblighino a
trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell
'omologazione della loro separazione personale consensuale ed al dichiarato fine della integrativa
regolamentazione del relativo regime patrimoniale, non configura una convenzione matrimoniale ex art.
162 c.c., postulante il normale svolgimento della convivenza coniugale ed avente riferimento ad una
generalità di beni anche di futura acquisizione, nè un contratto di donazione, avente come causa
tipici ed esclusivi scopi di liberalità (e non l'esigenza di assetto dei rapporti personali e
patrimoniali dei coniugi separati), bensì un diverso contratto atipico, con propri presupposti e
finalità (Cass. 11 maggio 1984 n. 2887; Cass. 23 dicembre 1988 n. 2887; Cass. 12 settembre 1997 n.
9034).
Invero in base all'impianto complessivo dell'art. 711 c.p.c., (in
combinato disposto con l'art. 158 c.c., comma 1), il procedimento in detta norma descritto da vita ad
una fattispecie complessa nella quale il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi, se trova
la sua fonte nel relativo accordo, acquista però efficacia giuridica soltanto in seguito al
provvedimento di omologazione, cui compete l'essenziale funzione di controllare che i patti
intervenuti tra i coniugi siano conformi agli interessi superiori della famiglia (Cass. 5 gennaio 1984
n. 14). Nel caso in cui, nell'ambito di un accordo destinato a disciplinare una separazione
consensuale, sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia, in quanto non immediatamente
riferibile nè collegata al contenuto necessario del regime di separazione, si tratta di compiere una
indagine ermeneutica, nel quadro dei principi di cui all'art. 1362 c.c., e segg., diretta a stabilire
se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia, infatti, alle
pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo
omologato, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all'interesse
protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella
sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo
omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei
suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non
essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di
cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il
controllo giudiziario di cui all'art. 158 c.c., (Cass. 24 febbraio 1993 n. 2270; Cass. 20 ottobre
2005 n. 20290).
Nel caso di specie la Corte di appello si è conformata a
questi principi, perchè ha esaminato la convenzione intervenuta tra i coniugi con la scrittura privata
del 23 novembre 1996 (omologato il verbale di separazione il 15.4.1997) ed ha affermato che tale
convenzione non poteva ritenersi nulla per carenza di forma prevedendo il trasferimento, a titolo
gratuito, di un cospicuo patrimonio ai figli proprio perchè garantiva, nel comune intento delle parti,
l'interesse preordinato al conseguimento di un risultato solutorio degli obblighi di mantenimento dei
figli gravante sui genitori, nè appariva in contrasto con norme imperative di legge o con diritti
indisponibili dei due coniugi.
D'altra parte questa Corte ha reiteratamente
affermato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può
essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o divorzio (id est: di cessazione degli
effetti civili del matrimonio) mediante un accordo - formalmente rientrante nelle previsioni,
rispettivamente, degli art. 155 c.c., comma 7, art. 158 c.c., comma 2, e dell'art. 711 c.c., comma 3,
e della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 8, e art. 6, comma 9 - il quale, anzichè attraverso una
prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai
figli la proprietà di beni mobili od immobili, e che tale accordo non realizza una donazione, in
quanto assolve ad una funzione solutoria - compensativa dell'obbligatone di mantenimento, in quanto
costituisce applicazione del principio, stabilito dall'art. 1322 c.c., della libertà dei soggetti di
perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico (cfr., Cass. 2 febbraio 2005 n. 2088; Cass. 17 giugno 2004 n. 11342; Cass. 21 dicembre 1987
n. 9500).
In tale caso l'accordo comporta l'immediata e definitiva
acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori, od il genitore, abbiano
loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire e, in questo secondo caso, il correlativo obbligo,
sanzionato in forma specifica dall'art. 2392 c.c., trova il suo titolo nell'accordo che estingue la
prestazione di mantenimento, nei limiti costituiti dal valore dei beni attribuiti o da attribuire,
convenzionalmente liquidata e sostituita dall'impegno negoziale de quo (cfr., Cass. 5 settembre 2003
n. 12939).
La corte territoriale ha, dunque, correttamente interpretato l
'accordo de quo, alla luce dei principi sopra esposti, e non è condivisibile la censura formulata di
carente o contraddittoria motivazione.
Con il terzo motivo è dedotta la
violazione e/o falsa applicazione dell'art. 782 c.c., nonchè dell'art. 1421 c.c., per essere la
corte territoriale incorsa nell'ulteriore violazione omettendo di rilevare la nullità dell'atto de
quo che redatto in forma privata, è totalmente mancante della forma solenne necessaria per la
donazione.
A corollario del mezzo viene posto il seguente quesito di
diritto:
"Nel caso di specie, sulla preliminare premessa (ut sopra) che il
negozio di cui è causa contiene, almeno in parte, disposizioni a titolo di mera liberalità, e quindi
integra una donazione, consegue violazione e/o falsa applicazione degli artt. 782 e 1421 c.c., per non
essere stata dichiarata d'ufficio la sua nullità totale o parziale per mancanza della forma solenne?
".
La condivisione della ratio da parte del giudice di merito che ha
disconosciuto all'attribuzione degli immobili, di cui alla convenzione del 23.11.1996, natura di
donazione, oggetto di eccezione del convenuto, esclude che sia ravvisabile il lamentato vizio di
violazione delle disposizioni in tema di forma solenne.
Con il quarto mezzo è
lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2932 c.c., giacchè la convenzione
sottoscritta è assoggetta alla condizione vincolante ed assoluta che la titolare del diritto di
usufrutto (relativamente all'appartamento sito in (OMISSIS)) rinunci a detto diritto reale in favore
del ricorrente, condizione non avverata al momento della introduzione del giudizio, per cui andava
ritenuta la improponibilità della domanda. A conclusione del mezzo è posto il seguente quesito di
diritto: "Era nel caso di specie improponibile la domanda ex art. 2932 c.c., finalizzata ad ottenere
l'attuazione del contratto preliminare essendo il medesimo assoggettato a condizione non ancora
avveratasi al momento della proposizione della domanda giudiziale e neppure in corso del giudizio?
".
Anche detto mezzo è palesemente infondato.
Si
osserva che, diversamente dall'assunto del ricorrente, la corte territoriale ha accertato la
successiva rinuncia della B. all'usufrutto sull'immobile sito in (OMISSIS), come emergeva dal tenore
della comparsa di costituzione dell'interveniente, "avendo a cuore l'interesse dei coniugi e dei
loro figli".
Orbene, tale essendo la ratio della decisione della corte di
appello, risulta evidente come la doglianza non colga nel segno, non censurando il profilo posto a
fondamento della statuizione, con conseguente irretrattabilità e definitività dell'affermazione circa
la caducazione del diritto reale limitato e conseguente fenomeno della consolidazione in capo al
ricorrente della piena proprietà del bene da trasferire, per non avere formato oggetto di
impugnazione.
Con il quinto ed il sesto motivo, collegati dallo stesso
ricorrente, è lamentata la omessa motivazione sull'eccezione di mancanza dell'avveramento della
condizione, con conseguente e correlata violazione e falsa applicazione dell'art. 782 c.c., per
essere stata la rinuncia della B. meramente preannunciata nella comparsa di costituzione e risposta.
Il motivo, relativamente alla denunciata violazione di legge, pone a conclusione il seguente quesito:
"La rinuncia dell'usufrutto al diritto reale, che determina quindi ipso iure il consolidamento della
piena proprietà in capo al nudo proprietario, ove realizzatasi senza corrispettivo e per puro spirito
di liberalità integra i presupposti dell'atto di donazione e deve quindi essere formalizzata nella
forma solenne prevista dall'art. 782 c.c., con la conseguenza che, nel caso di specie, mancando tale
forma, essa è nulla?".
Le censure - che pongono la medesima questione
(mancato avveramento della condizione) - sono inammissibili, introducendo una circostanza che non
risulta essere stata prospettata nei precedenti gradi di merito, in difetto di ogni specifica
indicazione al riguardo da parte del ricorrente e non avendola la corte di appello riportata nella
decisione impugnata, e che quindi non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità,
richiedendo indagini di fatto in ordine all'esatto contenuto nel contratto per cui è causa ed alla
reale volontà delle parti (sull'inammissibilità di questioni nuove in sede di ricorso per cassazione,
cfr. ex pluribus, Cass. n. 25546 del 2006).
All'infondatezza dei motivi
consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio
di Cassazione, per il principio della
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in
complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in
Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 maggio
2013.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. SAN
GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - rel.
Consigliere -
Dott. SCALISI Antonino - Consigliere -
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G.
21594/07) proposto da:
S.G., rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale del notaio Cappetti di Genova del 25.7.2011 rep. 10498, dall'Avv.to FELICETTI ALBERTO del
foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Lavinio n.
31;
- ricorrente -
contro
C.M.A.R., S.P. e S. F.C., rappresentati e
difesi dall'Avv.to BUGLIONI GIORGIO del foro di Genova e dall'Avv.to Ludovico Villani del foro di
Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliati
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Asiago n. 8/2;
-
controricorrenti -
e contro
B.B., domiciliata in
appello presso lo studio dell'Avv.to Massimo Bonini in Genova, via Sauli n.
39/6;
- intimata -
avverso la sentenza della Corte
d'appello di Genova n. 479 depositata il 16 aprile 2007;
Udita la relazione
della causa svolta nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena
Falaschi;
uditi gli Avv.ti Ezio di Salvo (con delega dell'Avv.to Alberto
Felicetti), per parte ricorrente, e Ludovido Ferdinando Villani, per parte
resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso, in via principale, per l'inammissibilità del
ricorso e, in via subordinata, per il rigetto.
Svolgimento del
processo
Con atto di citazione notificato l'8 aprile 2000 C.M. A., S.P. e
F.C. evocavano, dinanzi al Tribunale di Genova, S.G., rispettivamente, coniuge e genitore degli
attori, esponendo che all'epoca della separazione personale dei coniugi, intervenuta in via
consensuale (con verbale di omologazione del 15.4.1997), era stata predisposta, con scrittura privata
del 23.11.1996, una collaterale complessa convenzione, avente valenza transattiva, con la quale, ad
integrazione delle intese formalizzate avanti al Tribunale, erano stati disciplinati i rapporti
patrimoniali fra le parti conseguenti allo scioglimento della comunione legale, prevedendo l'obbligo
a carico del convenuto del trasferimento di determinati beni mobili ed immobili in favore della moglie
e dei figli, il quale non solo si rendeva inadempiente, ma poneva, altresì, in essere comportamenti
intimidatori nei confronti degli attori per indurli a recedere dal dare esecuzione agli accordi, per i
quali riportava una condanna penale; tanto premesso, formulavano domanda ex art. 2932 c.c., per
conseguire il trasferimento dei beni di cui alla citata scrittura
privata.
Instaurato il contraddicono, nella resistenza del convenuto, il
quale assumeva di non avere sottoscritto alcun accordo, per cui disconosceva formalmente la
sottoscrizione ivi apposta ex art. 214 c.p.c., difese che modificava nel senso di riconoscimento della
firma in calce al documento, ma negando di riconoscere le date manoscritte in ogni foglio e l'intero
contenuto dattiloscritto del documento, per cui spiegava riconvenzionale per la declaratoria di
falsità della convenzione, e all'udienza del 20.3.2003 presentava personalmente querela di falso, per
cui a fronte della dichiarazione degli attori di volersi avvalere del documento contestato, con l
'intervento del p.m., intervenuta nel giudizio B.B. che aderiva alle domande attoree, il Tribunale
adito, rimessa la causa in decisione, rigettava la domanda di querela di falso proposta dal convenuto
e in accoglimento di quella attorea, in attuazione della scrittura privata del 23.11.1996, disponeva
il trasferimento in favore degli attori, P. e S.F.C., pro indiviso fra loro, del diritto di nuda
proprietà sull'appartamento sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione legale dai coniugi e
cointestato ad essi, assegnando alla C. il diritto di usufrutto vitalizio esclusivo su detto cespite;
il diritto di nuda proprietà sull'appartamento sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione
legale dai coniugi e cointestato ad essi, assegnando a S. G. il diritto di usufrutto vitalizio
esclusivo su detto cespite (diritto di usufrutto attualmente spettante a B. B.); il diritto di nuda
proprietà sul locale interrato ad uso box sito in (OMISSIS), acquistato in regime di comunione legale
dai coniugi ma intestato esclusivamente alla C., assegnando a S.G. il diritto di usufrutto vitalizio
esclusivo su detto cespite; dichiarava il S. tenuto a mettere a disposizione e comunque a consegnare
alla C. la somma di L. 20.000.000, con i frutti maturati dal 23.11.1996 al 30.6.1999, oltre agli
interessi dalla domanda al saldo; dichiarava il S. tenuto a mettere a disposizione e comunque a
consegnare ai figli, in solido fra loro, la somma di L. 55.000.000, con i frutti maturati dal
23.11.1996 al 22.4.1999, oltre alla rivalutazione monetaria da quest'ultima data e agli interessi
legali dall'aprile 2000 (data della domanda) al saldo.
In virtù di appello
interposto da S.G., con il quale censurava sotto plurimi profili la decisione circa il mancato
accoglimento della proposta querela di falso del documento del 23.11.1996, la Corte di appello di
Genova, nella resistenza degli appellati, i quali proponevano appello incidentale condizionato, nonchè
della interveniente B., la quale chiedeva solo darsi atto della insussistenza di domande dell
'appellante nei suoi confronti, in parziale accoglimento dell'appello e per l'effetto in parziale
riforma della decisione impugnata, riduceva la condanna dell'appellante alla sanzione pecuniaria di
cui all'art. 226 c.p.c., alla misura di Euro 20,00, confermate in ogni altra sua parte le restanti
statuizioni.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale
evidenziava che quanto alla denuncia di irregolarità del procedimento incidentale conseguito all
'impugnazione del documento ex art. 223 c.p.c., non ponendo la censura alcun profilo di non
veridicità della verbalizzazione, non poteva dare luogo ad alcuna nullità; nel merito, che proprio l
'aver dato atto nel ricorso congiunto per la separazione dell'esistenza di un separato accordo,
palesava la correttezza della ratio decidendi del giudice di prime cure che si basava sulla esistenza
di un accordo parallelo e distinto rispetto alle condizioni di cui al ricorso per separazione
consensuale e sulla esistenza di un documento rispondente a detta volontà
negoziale.
Aggiungeva che l'eccezione di nullità della scrittura per carenza
di forma in quanto prevedendo il trasferimento, a titolo gratuito, ai figli di un cospicuo patrimonio,
avrebbe dovuto essere formalizzato a norma dell'art. 782 c.c., non poteva trovare accoglimento,
giacchè dal comune intento delle parti contraenti emergeva l'interesse giuridicamente qualificabile
come preordinato al conseguimento di un risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento
gravanti sul genitore nei confronti dei figli stessi, causa negoziale solutoria incompatibile con il
prospettato animus donandi. Nè rilevava la mancanza di sottoscrizione dell'atto da parte della B.,
relativamente al diritto di usufrutto sull'immobile sito in (OMISSIS), per avere egli ceduto
esclusivamente il suo diritto di nuda proprietà del cespite, mentre la rinuncia della stessa all
'usufrutto costituiva solo causa di caducazione del diritto reale
limitato.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Genova ha
proposto ricorso per cassazione S.G., basato su sei motivi, al quale hanno replicato la C. ed i figli
S. P. e F.C. con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 378 c.p.c.; non costituita la B.,
pure intimata.
Motivi della decisione
Con il primo
motivo il ricorrente denuncia contraddittoria ed illogica motivazione con riferimento alla errata
attribuzione di natura solutoria, connessa all'obbligo alimentare, in ordine al trasferimento dei
diritti reali immobiliari disposti a titolo gratuito e per mera liberalità in favore dei figli, con
interpretazione abnorme, non potendo tale tipo di dazione assolvere all'obbligazione alimentare.
Prosegue il ricorrente affermando che la corte di merito contraddittoriamente non avrebbe chiarito la
ragione per la quale il testo allegato al verbale di separazione non sarebbe quello prodotto nel
giudizio de quo e ciò nonostante ha ricollegato teleologicamente i due accordi. Il secondo motivo, con
il quale è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., per avere il giudice
proceduto all'interpretazione della convenzione nel modo sopra esposto, culmina nel seguente quesito
di diritto:
"L'indagine del giudice di merito che ha condotto nel caso di
specie ad individuare il comune intento dei contraenti ove basata su motivazione illogica,
insufficiente e contraddittoria (per i motivi ut sopra evidenziati) integra violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 1362 c.c. ed è censurabile nella sede di legittimità perchè non sorretta da
motivazione esauriente ed immune da vizi logici?".
I motivi, che in ragione
della loro connessione argomentativa vengono trattati congiuntamente, sono
infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte le pattuizioni
intervenute tra coniugi, che abbiano in corso una separazione consensuale, con cui si obblighino a
trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell
'omologazione della loro separazione personale consensuale ed al dichiarato fine della integrativa
regolamentazione del relativo regime patrimoniale, non configura una convenzione matrimoniale ex art.
162 c.c., postulante il normale svolgimento della convivenza coniugale ed avente riferimento ad una
generalità di beni anche di futura acquisizione, nè un contratto di donazione, avente come causa
tipici ed esclusivi scopi di liberalità (e non l'esigenza di assetto dei rapporti personali e
patrimoniali dei coniugi separati), bensì un diverso contratto atipico, con propri presupposti e
finalità (Cass. 11 maggio 1984 n. 2887; Cass. 23 dicembre 1988 n. 2887; Cass. 12 settembre 1997 n.
9034).
Invero in base all'impianto complessivo dell'art. 711 c.p.c., (in
combinato disposto con l'art. 158 c.c., comma 1), il procedimento in detta norma descritto da vita ad
una fattispecie complessa nella quale il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi, se trova
la sua fonte nel relativo accordo, acquista però efficacia giuridica soltanto in seguito al
provvedimento di omologazione, cui compete l'essenziale funzione di controllare che i patti
intervenuti tra i coniugi siano conformi agli interessi superiori della famiglia (Cass. 5 gennaio 1984
n. 14). Nel caso in cui, nell'ambito di un accordo destinato a disciplinare una separazione
consensuale, sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia, in quanto non immediatamente
riferibile nè collegata al contenuto necessario del regime di separazione, si tratta di compiere una
indagine ermeneutica, nel quadro dei principi di cui all'art. 1362 c.c., e segg., diretta a stabilire
se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia, infatti, alle
pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo
omologato, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all'interesse
protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella
sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo
omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei
suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non
essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di
cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il
controllo giudiziario di cui all'art. 158 c.c., (Cass. 24 febbraio 1993 n. 2270; Cass. 20 ottobre
2005 n. 20290).
Nel caso di specie la Corte di appello si è conformata a
questi principi, perchè ha esaminato la convenzione intervenuta tra i coniugi con la scrittura privata
del 23 novembre 1996 (omologato il verbale di separazione il 15.4.1997) ed ha affermato che tale
convenzione non poteva ritenersi nulla per carenza di forma prevedendo il trasferimento, a titolo
gratuito, di un cospicuo patrimonio ai figli proprio perchè garantiva, nel comune intento delle parti,
l'interesse preordinato al conseguimento di un risultato solutorio degli obblighi di mantenimento dei
figli gravante sui genitori, nè appariva in contrasto con norme imperative di legge o con diritti
indisponibili dei due coniugi.
D'altra parte questa Corte ha reiteratamente
affermato che l'obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può
essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o divorzio (id est: di cessazione degli
effetti civili del matrimonio) mediante un accordo - formalmente rientrante nelle previsioni,
rispettivamente, degli art. 155 c.c., comma 7, art. 158 c.c., comma 2, e dell'art. 711 c.c., comma 3,
e della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 8, e art. 6, comma 9 - il quale, anzichè attraverso una
prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai
figli la proprietà di beni mobili od immobili, e che tale accordo non realizza una donazione, in
quanto assolve ad una funzione solutoria - compensativa dell'obbligatone di mantenimento, in quanto
costituisce applicazione del principio, stabilito dall'art. 1322 c.c., della libertà dei soggetti di
perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico (cfr., Cass. 2 febbraio 2005 n. 2088; Cass. 17 giugno 2004 n. 11342; Cass. 21 dicembre 1987
n. 9500).
In tale caso l'accordo comporta l'immediata e definitiva
acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori, od il genitore, abbiano
loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire e, in questo secondo caso, il correlativo obbligo,
sanzionato in forma specifica dall'art. 2392 c.c., trova il suo titolo nell'accordo che estingue la
prestazione di mantenimento, nei limiti costituiti dal valore dei beni attribuiti o da attribuire,
convenzionalmente liquidata e sostituita dall'impegno negoziale de quo (cfr., Cass. 5 settembre 2003
n. 12939).
La corte territoriale ha, dunque, correttamente interpretato l
'accordo de quo, alla luce dei principi sopra esposti, e non è condivisibile la censura formulata di
carente o contraddittoria motivazione.
Con il terzo motivo è dedotta la
violazione e/o falsa applicazione dell'art. 782 c.c., nonchè dell'art. 1421 c.c., per essere la
corte territoriale incorsa nell'ulteriore violazione omettendo di rilevare la nullità dell'atto de
quo che redatto in forma privata, è totalmente mancante della forma solenne necessaria per la
donazione.
A corollario del mezzo viene posto il seguente quesito di
diritto:
"Nel caso di specie, sulla preliminare premessa (ut sopra) che il
negozio di cui è causa contiene, almeno in parte, disposizioni a titolo di mera liberalità, e quindi
integra una donazione, consegue violazione e/o falsa applicazione degli artt. 782 e 1421 c.c., per non
essere stata dichiarata d'ufficio la sua nullità totale o parziale per mancanza della forma solenne?
".
La condivisione della ratio da parte del giudice di merito che ha
disconosciuto all'attribuzione degli immobili, di cui alla convenzione del 23.11.1996, natura di
donazione, oggetto di eccezione del convenuto, esclude che sia ravvisabile il lamentato vizio di
violazione delle disposizioni in tema di forma solenne.
Con il quarto mezzo è
lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2932 c.c., giacchè la convenzione
sottoscritta è assoggetta alla condizione vincolante ed assoluta che la titolare del diritto di
usufrutto (relativamente all'appartamento sito in (OMISSIS)) rinunci a detto diritto reale in favore
del ricorrente, condizione non avverata al momento della introduzione del giudizio, per cui andava
ritenuta la improponibilità della domanda. A conclusione del mezzo è posto il seguente quesito di
diritto: "Era nel caso di specie improponibile la domanda ex art. 2932 c.c., finalizzata ad ottenere
l'attuazione del contratto preliminare essendo il medesimo assoggettato a condizione non ancora
avveratasi al momento della proposizione della domanda giudiziale e neppure in corso del giudizio?
".
Anche detto mezzo è palesemente infondato.
Si
osserva che, diversamente dall'assunto del ricorrente, la corte territoriale ha accertato la
successiva rinuncia della B. all'usufrutto sull'immobile sito in (OMISSIS), come emergeva dal tenore
della comparsa di costituzione dell'interveniente, "avendo a cuore l'interesse dei coniugi e dei
loro figli".
Orbene, tale essendo la ratio della decisione della corte di
appello, risulta evidente come la doglianza non colga nel segno, non censurando il profilo posto a
fondamento della statuizione, con conseguente irretrattabilità e definitività dell'affermazione circa
la caducazione del diritto reale limitato e conseguente fenomeno della consolidazione in capo al
ricorrente della piena proprietà del bene da trasferire, per non avere formato oggetto di
impugnazione.
Con il quinto ed il sesto motivo, collegati dallo stesso
ricorrente, è lamentata la omessa motivazione sull'eccezione di mancanza dell'avveramento della
condizione, con conseguente e correlata violazione e falsa applicazione dell'art. 782 c.c., per
essere stata la rinuncia della B. meramente preannunciata nella comparsa di costituzione e risposta.
Il motivo, relativamente alla denunciata violazione di legge, pone a conclusione il seguente quesito:
"La rinuncia dell'usufrutto al diritto reale, che determina quindi ipso iure il consolidamento della
piena proprietà in capo al nudo proprietario, ove realizzatasi senza corrispettivo e per puro spirito
di liberalità integra i presupposti dell'atto di donazione e deve quindi essere formalizzata nella
forma solenne prevista dall'art. 782 c.c., con la conseguenza che, nel caso di specie, mancando tale
forma, essa è nulla?".
Le censure - che pongono la medesima questione
(mancato avveramento della condizione) - sono inammissibili, introducendo una circostanza che non
risulta essere stata prospettata nei precedenti gradi di merito, in difetto di ogni specifica
indicazione al riguardo da parte del ricorrente e non avendola la corte di appello riportata nella
decisione impugnata, e che quindi non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità,
richiedendo indagini di fatto in ordine all'esatto contenuto nel contratto per cui è causa ed alla
reale volontà delle parti (sull'inammissibilità di questioni nuove in sede di ricorso per cassazione,
cfr. ex pluribus, Cass. n. 25546 del 2006).
All'infondatezza dei motivi
consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio
di Cassazione, per il principio della
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in
complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in
Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 maggio
2013.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2013
autore: Ortolani Pietro
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