Competenza sui provvedimenti limitativi della potestà genitoriale (Trib. Milano, sez, IX civ., decreto 30 aprile - 7 maggio 2013)
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La legge 10 dicembre 2012 n. 219,
riscrivendo l'art. 38 disp. att. c.c., ha attribuito al Tribunale ordinario la competenza a
pronunciare i provvedimenti limitativi della potestà genitoriale (art. 333 cod. civ.) esclusivamente
nel caso in cui sia pendente, «tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai
sensi dell'articolo 316 del codice civile»: in altri termini, l'azione ex art. 333 c.c. proposta in
via autonoma non rientra nella competenza del Tribunale ordinario che nemmeno è competente per la
declaratoria di cui all'art. 330 c.c., ipotizzabile sempre soltanto nel caso in cui penda un
procedimento di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c.c (v. art. 38, comma I, disp. att. c.c.). Il
presupposto per la potestas decidendi del Tribunale Ordinario è, dunque, la concentrazione processuale
delle domande.
Tribunale di Milano
Sezione IX Civile
Decreto 30 aprile - 7 maggio
2013
In fatto
I minori … e .. sono figli di … e .., non uniti da matrimonio. Il padre
dei bambini è deceduto nel dicembre del 2004. Da circa due anni – secondo la prospettazione della
ricorrente – la madre ha lasciato i propri figli presso la nonna materna (la quale è uno dei soggetti
che propone la domanda introduttiva del procedimento), trasferendosi presso la casa del nuovo
compagno, ... Ritenendosi, allo stato, priva delle condizioni per occuparsi dei figli, la madre ha
richiesto l'affidamento temporaneo degli stessi alla loro nonna materna, in conformità al parere
espresso dal Servizio Sociale di …. Con ricorso depositato in Cancelleria in data 16 aprile 2013, …
(madre dei minori), … (nonna dei minori), … e … (zii materni dei minori) richiedono che il Tribunale
di Milano voglia disporre l'affidamento temporaneo dei bambini alla nonna materna.
In
diritto
Il ricorso è manifestamente inammissibile.
L'istituto dell'affidamento
temporaneo è regolato dalla legge 4 maggio 1983 n. 184 (come riscritta dalla legge 28 marzo 2001 n.
149) e consiste nel provvisorio allontanamento del minore dalla sua famiglia d'origine per essere
affidato in cura a terzi, in genere legati allo stesso da rapporti di parentela. L'istituto è
fisiologicamente temporaneo poiché cessa non appena venga meno l'impedimento dei genitori ostativo al
pieno esercizio della potestà. La normativa disciplina due diverse ipotesi di affidamento temporaneo:
quello consensuale e quello giudiziale. Nel primo caso, i genitori del minore hanno manifestato il
loro consenso all'affidamento temporaneo che viene disposto dal Servizio locale e reso esecutivo dal
Giudice tutelare (art. 4 comma I, legge 184/1983). Nel secondo caso, in difetto di consenso dei
genitori, l'affidamento viene disposto dal Tribunale per i Minorenni e si applicano gli artt. 330 e
ss. c.c. (art. 4 comma II, legge 184/1983).
Orbene, sotto ambedue le ipotesi illustrate, il
ricorso introduttivo del procedimento si rivela – come detto - inammissibile. Quanto al primo aspetto
considerato, nel caso di specie sussiste pieno e valido consenso del genitore esercente la potestà
genitoriale (la madre) all'affidamento del minore alla nonna, tant'è che il ricorso è dalla stessa
sottoscritto; si versa, allora, nella fattispecie normativa che non richiede l'intervento giudiziale
per l'affidamento temporaneo del minore ma esclusivamente lo scrutinio del giudice tutelare ai fini
della esecutività. Ne consegue che, sotto l'aspetto in considerazione, non vi è luogo a
provvedere.
Quanto al secondo aspetto, anche là dove si considerasse, per ipotesi, il difetto
di consenso del genitore esercente la potestà genitoriale, non sussisterebbe la competenza del
tribunale ordinario. La legge 10 dicembre 2012 n. 219, riscrivendo l'art. 38 disp. att. c.c., ha
attribuito al Tribunale ordinario la competenza a pronunciare i provvedimenti limitativi della potestà
genitoriale (art. 333 cod. civ.) esclusivamente nel caso in cui sia pendente, «tra le stesse parti,
giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile»: in altri
termini, l'azione ex art. 333 c.c. proposta in via autonoma non rientra nella competenza del Tribunale
ordinario che nemmeno è competente per la declaratoria di cui all'art. 330 c.c., ipotizzabile sempre
soltanto nel caso in cui penda un procedimento di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c.c (v. art.
38, comma I, disp. att. c.c.). Il presupposto per la potestas decidendi del Tribunale Ordinario è,
dunque, la concentrazione processuale delle domande. Non solo: la legge richiede espressamente, quale
condicio sine qua non per la competenza del tribunale ordinario ex art. 333 c.c., che il processo
penda «tra le stesse parti», quanto dunque non ricorrerebbe nel caso in esame, in quanto, come noto,
gli ascendenti non sono parti del procedimento di separazione, divorzio, o ex art. 316 c.c.
La
manifesta inammissibilità del ricorso impone la declaratoria di falcidia in rito de plano. Secondo la
giurisprudenza di questo Tribunale, infatti, «dove emerga, in ragione di un quadro normativo
consolidato, che il ricorso introduttivo del giudizio è inammissibile è superflua la previa
instaurazione del contraddittorio con controparte, atteso che non potrebbe per tale via neppure in
ipotesi giungersi al superamento delle considerazioni in rito. E' conseguentemente ammissibile la
chiusura del procedimento in rito, de plano» (Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 2 - 3 aprile 2013,
Pres. est., G. Servetti).
PER QUESTI MOTIVI
Visti gli artt. 38 disp. att. c.c., 737
c.p.c., 4 legge 183/1984,
DICHIARA l'inammissibilità del ricorso.
MANDA alla cancelleria
perché si comunichi e per i provvedimenti di competenza
Milano, lì 30 aprile 2013.
Il
giudice est.
dr. Giuseppe Buffone
Il Presidente
dr.ssa Gloria Servetti
autore: Ortolani Pietro
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