È inammissibile la confessione nelle azioni di status. - Cass. sez. I, 26 marzo 2003, n. 4462
- Disconoscimento -
L'azione di impugnazione del
riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità, al pari di quelle di disconoscimento o di
dichiarazione giudiziale della paternità, verte in materia di diritti indisponibili e non consente
alcun tipo di negoziazione o anche di semplice rinuncia abdicativa, risultando stabilita solo per
assicurare che i rapporti di famiglia e, massimamente quelli di filiazione, corrispondano a verità, a
tutela di un interesse pubblico che trascende quello eventualmente contrario dei privati. Deriva, da
quanto precede, pertanto, che in un tale giudizio è impossibile attribuire valore confessorio, sì da
ricavarne la dimostrazione dell'insussistenza del rapporto di paternità biologica, alle eventuali
dichiarazioni del figlio, secondo quanto dispone in linea generale l'articolo 2733 del Codice civile,
il quale esclude che la confessione giudiziale costituisca prova contro colui che l'ha resa se verta
su fatti relativi a diritti non disponibili. L'impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per
difetto di veridicità, da parte del suo autore, a norma dell'articolo 263 del codice civile, postula
la giudiziale dimostrazione dell'assoluta impossibilità che il soggetto che quale ha effettuato il
riconoscimento sia il padre del soggetto riconosciuto come figlio.
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