L'avvocato deve assolvere anche ad un compito di dissuasione quando ritiene la causa produttiva di un rischio o contraria all'interesse del proprio assistito. - Cass., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14597
- Deontologia -
Nell'adempimento dell'incarico
professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto degli
art. 1176, comma 2, e 2236 cod. civ. impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento
del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto (anche) ai doveri di sollecitazione,
dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le
questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o
comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in
suo possesso; a sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente
sfavorevole. A tal fine incombe su di lui l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta,
insufficiente al riguardo peraltro essendo il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie
all'esercizio dello ius postulandi, stante la relativa inidoneità ad obiettivamente ed univocamente
deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l'assunzione
da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull'opportunità o meno di iniziare un
processo o intervenire in giudizio.
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