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L'assegno divorzile decorre dal giudicato ma il giudice può disporre che decorra dalla data della domanda. - Cass. sez. I, 29 marzo 2006, n. 7117

Mercoledì, 29 Marzo 2006
Giurisprudenza | Separazione e divorzio | Legittimità

- Decorrenza -
Il principio enunciato nell'art. 4, comma 10, l. 1° dicembre 1970 n. 898 (nel testo sostituito ad opera dell'art. 8 l. 6 marzo 1987 n. 74) - secondo il quale il giudice del merito può far decorrere l'assegno di divorzio, ove ne ricorrano le condizioni, dal momento della domanda - ha una portata generale ed è quindi applicabile non solo nell'ipotesi, espressamente prevista, in cui si sia pronunciato il divorzio con sentenza non definitiva, ma anche in quella in cui con la stessa decisione si sia dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e si sia condannato un coniuge a corrispondere all'altro l'assegno di divorzio, senza peraltro che sia necessaria un'apposita domanda di parte in ordine alla decorrenza dell'assegno; ciò non costituisce deroga al principio secondo il quale l'assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, decorre dal passaggio in giudicato della relativa statuizione, bensì rappresenta un temperamento a tale principio, col conferire al giudice il potere discrezionale, in relazione alle circostanze del caso concreto, di disporre la decorrenza di esso dalla data della domanda, senza che a tal fine la pronuncia di sentenza non definitiva costituisca un necessario requisito per l'esercizio di detto potere.

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