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Accertamento giudiziale della paternità e provaematologica - Cass. sez. I, 16 aprile 2008, n. 10051

Il rifiuto ingiustificato di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice anche in assenza di prova di rapporti sessuali tra le parti

L'articolo 269 c.c. che consente di utilizzare ogni mezzo di prova, non pone alcun limite in ordine ai mezzi attraverso i quali può essere dimostrata la paternità naturale. Il giudice del merito perciò può fondare il proprio convincimento sulla effettiva esistenza di un rapporto di filiazione anche su risultanze istruttorie dotate di valore puramente indiziario, senza che assuma carattere di indefettibilità neppure la dimostrazione dell'esistenza di rapporti sessuali tra la madre e il preteso padre durante il periodo del concepimento. Da quanto precede deriva che il rifiuto ingiustificato di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c. anche in assenza di prova di rapporti sessuali tra le parti. Infatti proprio la mancanza di prove oggettive assolutamente certe e ben difficilmente acquisibili circa i rapporti intercorsi tra le parti e circa l'effettivo concepimento a opera del preteso genitore naturale, se non consente di fondare la dichiarazione di paternità sulla sola dichiarazione della madre, non esclude che il giudice possa desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti ed in particolare dal rifiuto del preteso padre di sottoporsi agli accertamenti ematologici e possa persino trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda esclsuivamente dalla condotta processuale del preteso padre.

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